venerdì 30 dicembre 2016

LA BELLEZZA FERITA

Tutti ricorderanno le rovinose immagini causate dalle forti scosse di terremoto che colpirono il centro Italia il 24 agosto e le successive del 26 e 30 ottobre 2016.
Questi terribili eventi oltre alla perdita di esseri umani, hanno causato danni a case, monumenti e chiese.
La Bellezza Ferita è un’esposizione documentaria che si deve all’impulso dell’Arcivescovo di Spoleto-Norcia in collaborazione con la Soprintendenza dell’Umbria, promossa dall’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Siena, dall’Opera della Metropolitana di Siena, sostenuta dal Sindaco e con l’organizzazione di Opera-Civita.
L’esposizione, organizzata e realizzata in tempi brevissimi, vuole presentare le opere del territorio di Norcia a un pubblico vasto ed internazionale, come quello che frequenta Siena, per far conoscere la situazione in cui versano le popolazioni e le opere d’arte nelle zone terremotate.


Siena, molto vicina a Norcia sia culturalmente che spiritualmente perché ha dato i natali a San Bernardo Tolomei della congregazione benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto mentre Norcia ha dato i natali a San Benedetto, fondatore dell’ordine dei benedettini, si è prestata immediatamente a dare aiuto agli sfortunati fratelli.
I promotori e gli organizzatori della “Bellezza ferita” hanno destinato un contributo economico per il restauro e la ricostruzione, infatti lo scopo della esposizione è anche quello di sensibilizzare i visitatori e far aumentare i fondi necessari e procedere al totale recupero di quanto distrutto dal sisma.
I crocifissi, le pale d’altare, le statue lignee sono esposte così come sono state recuperate dai vigili del fuoco, polverose, lacerate e macchiate; l’insieme ha un grosso impatto emotivo perché oltre a vedere le “ferite” si sentono i suoni e i rumori del recupero grazie alla proiezione dei filmati realizzati sul posto dai Vigili del Fuoco.
Vedere i vigili del Fuoco impegnati nel recupero di questi gioielli artistici che si stagliano con le loro divise colorate in mezzo al grigiore della polvere e della distruzione dà una speranza  a tutti i visitatori.
Le opere esposte sono una piccola parte del patrimonio recuperato sotto le rovine.
Senza questa iniziativa i capolavori sarebbero rimasti chiusi nei depositi invece adesso una parte si può ammirare nella bellissima Cripta sotto il Duomo di Siena e un’altra nel percorso del Centro di Santa Maria della Scala, un tempo luogo principe dell’accoglienza, di pellegrini, infermi, indigenti e orfani.
Le opere esposte non fanno parte soltanto di un patrimonio artistico ma sono parte di una dimensione popolare, di una fede in cui la comunità si identifica e riconosce: per queste ragioni il loro recupero e la custodia risultano ancora più importanti.

Patrizia Casini

LA BELLEZZA FERITA
a della Scala
23 dicembre 2016 – 29 ottobre 2017

 Info e booking
 +39 0577 286300

martedì 20 dicembre 2016

TUTTI IN MOTO! Il mito della velocità in cento anni d’arte

Aligi Sassu - Evoluzione della macchina - 1928
Tutti in moto! Il mito della velocità in cento anni d’arte è un titolo al quale possono essere dati molteplici significati. Per la Fondazione per la Cultura Pontedera che ha ideato questo titolo per la prima mostra allestita dall’8 dicembre 2016 al 18 aprile 2017 in Palazzo Pretorio, recentemente ristrutturato e adeguato alla funzione di Centro espositivo, ha molteplici significati “chiudere i festeggiamenti dei 70 anni della Vespa, ridare movimento al centro cittadino attraverso le arti e la cultura in generale, continuare a leggere questa città come una città che sviluppa ricerca e innovazione in più campi compreso quello artistico”.
Aroldo Bonzagni - Macchina in corsa - 1911_12
La parola moto è, invece, interpretata da un gran numero di persone semplicemente come movimento oppure come motocicletta.
L’interpretazione di moto come motocicletta non nasce a caso visto che la mostra è allestita a Pontedera la città che ha motorizzato gli italiani giovani e meno giovani nel dopoguerra con mezzi che hanno conquistato l’ammirazione e l’approvazione del mondo intero.
Una mostra, Tutti in moto, ricca di più di 250 opere dei più grandi artisti italiani che illustrano il tema del movimento oltre che nelle sale di Palazzo Pretorio nei suggestivi spazi del Museo Piaggio dov’è conservata insieme alla storia dell’azienda Piaggio “la storia della mobilità collettiva e individuale: dai treni agli aerei, dalle motociclette alla Vespa,
Mario Sironi - Uomo nuovo - 1918 circa 
dall’Ape al Porter e poi motori fuoribordo e trattori per arrivare infine ai veicoli elettrici”.
Presso il Museo Piaggio si trova la sezione dedicata alle grandi opere e la mostra fotografica Futurismo, velocità e fotografia che documenta il fascino della velocità assunto come mito ideale e percepito dal futurismo come espressione di moderno, dinamico, bello, desiderabile.
Tutti in moto! Il mito della velocità in cento anni d’arte inizia il suo racconto nelle sale di Palazzo Pretorio con opere d’arte dell’ottocento e del primo novecento che documentano una società  rurale, legata ai ritmi delle stagioni e delle lente possibilità di spostamento a piedi, a cavallo, su carretti e carri agricoli. Sul mare, barche a remi e a vela. Questo è il mondo raccontato nelle prime due sale.
Con l’invenzione dei motori tutto cambia e diventa più rapido.
B. Munari, Riflettori su aereiCaproni C73 - 1928
Gli artisti con antenne sensibili più di altri alle novità e ai cambiamenti sociali aggiornano immediatamente i temi delle loro opere. Le tecniche espressive diventano più rapide e sprigionano grande energia. In palazzo Pretorio la trasformazione determinata dai mezzi di trasporto è sottolineata dall’allestimento che dedica una intera sala ad ogni mezzo di locomozione: treno, tram, piroscafo, bicicletta, automobile, motocicletta, mongolfiera, aerostato e aereo a motore.
Nelle opere sono documentate le scoperte e le applicazioni industriali che si susseguono con ritmo incessante: rotaie, insegne stradali, tram, stazioni ferroviarie, navi che con la loro velocità accorciano i tempi e rendono più facili gli spostamenti.
Aroldo Bonzagni - L'arrivo del treno - 1912_1913
Il mondo e la vita subiscono un drastico cambiamento che le arti figurative registrano e riflettono dandone testimonianza con taglio inconsueto dei soggetti, pennellate veloci, colori saturi che sprigionano vigore vitalità energia.
Alla fine del percorso l’aeropittura documenta gli aspetti positivi ma anche quelli negativi della diffusione dell’aeroplano: piacevoli viaggi di vacanza o di studio ma anche il rombo degli apparecchi nei cieli dei paesi in guerra.
La mostra si completa con i manifesti cinematografici e con la rassegna di edizioni rare di Futurismo letterario documenti preziosi per una profonda conoscenza del tema dell’esposizione.
Patrizia Casini, Graziella Guidotti

sabato 17 dicembre 2016

GIOVANNI DAL PONTE Protagonista dell’umanesimo tardo gotico fiorentino

G. dal Ponte Incoronazione della Vergine 1430 Partic.
La memoria scolastica ricorda che il Gotico Internazionale, rappresentato in pittura dall’immagine dell’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano, segna il passaggio fra il decorativismo tardo-gotico e l’essenzialità rinascimentale: lo ricordiamo, con la schematizzazione propria dei primi studi, pressoché in opposizione al nascente umanesimo espresso da Masaccio, Brunelleschi, Ghiberti come se si chiudesse all’improvviso un capitolo della storia artistica dell’uomo e se ne aprisse uno di segno opposto.
In effetti ricerche sempre più attente e approfondite dimostrano che, nella stessa Firenze, una schiera di pittori contemporanei a Masaccio, pur elaborandone certe soluzioni innovative conservano per alcuni decenni del 1400 lo stile raffinato e prezioso proprio dell’ultimo gotico piuttosto che il rigore essenziale del primo umanesimo.

G. dal Ponte San Michele arcangelo e
san Bartolomeo 1430-1435
Giovanni di Marco, detto Giovanni dal Ponte per aver avuto abitazione e bottega (per i non fiorentini bottega equivale a studio o laboratorio) in piazza Santo Stefano al Ponte, vicino a ponte Vecchio, partecipò, nei primi decenni del 1400, al rinnovamento del panorama culturale fiorentino caratterizzato da una straordinaria vivacità creativa ma conservò costante la linea fluida, la raffinatezza delle forme e la nitidezza dei colori dello stile gotico al quale era stato educato fin dalla più tenera età nelle attive botteghe di tradizione trecentesca della vicina via Santi Apostoli.
La mostra “Giovanni dal Ponte (1375-1437/38)-Protagonista dell’umanesimo tardo gotico fiorentinoinaugurata alla Galleria dell’Accademia di Firenze il 22-11-2016 e aperta fino al 12-03-2017 racconta i primi quattro decenni di questo grande rinnovamento.
La direttrice, Cecilie Hollberg, così ha presentata l’esposizione “Come ormai è consolidata tradizione di questo museo, la mostra muove dalla sempre viva esigenza di valorizzare le collezioni della Galleria, in questo caso la bellissima Incoronazione della Vergine di Giovanni dal Ponte che per l’occasione è stata restaurata. Su questa consuetudine ho voluto apportare significative innovazioni nella concezione dell’allestimento, di grande impatto scenografico, che sottolinea ed enfatizza il percorso artistico del pittore fiorentino.
G. dal Ponte Annunciazione 1425 circa
Inoltre ho voluto innovare il catalogo con una linea editoriale nuova – copertina e catalogo non sfuggiranno ai nostri più attenti fruitori – con testi più brevi, che però non compromettono il rigore scientifico di cui si è sempre potuto vantare questo museo.
Il catalogo della mostra  offre, tra l’altro, un repertorio completo dei dipinti oggi riferibili al pittore, un regesto di tutti i documenti sin qui noti che lo riguardano e inoltre documenta il percorso artistico in ogni sua fase non soltanto grazie ai prestiti ottenuti dall’Italia, ma in maniera particolare grazie alle numerose opere pervenute dall’estero” .
Nella delicata, quasi commovente Incoronazione della Vergine che dopo l’attento restauro mostra tutta la sua preziosa, raffinata bellezza, possiamo ammirare i tessuti cangianti delle vesti, il disegno del tappeto verde con racemi d’oro, il tessuto operato oro e blu su fondo bianco del manto.
G. dal Ponte Predella Adorazione dei Magi 1425-1430 
Insomma possiamo ammirare la grande sensibilità e perizia del Maestro nel dipingere soggetti religiosi ma anche tutti i particolari che li accompagnano. Altrettanto si può dire dei soggetti profani: sono esposti, infatti, anche ricchi forzieri o cassoni nuziali e un pezzo davvero eccezionale una carta da gioco, un fante del gioco dei tarocchi.
Ci sono documenti d’archivio che confermano la richiesta di questi oggetti alle botteghe fiorentine anche da altre città: evidentemente l’artigianato artistico di cui oggi si fregia la città era apprezzato già nel XV secolo.
G. dal Ponte Incoronazione della Vergine 1430 circa
Infatti a motivo della grande richiesta “Dal 1427 Giovanni dal Ponte fu in società con il pittore Smeraldo di Giovanni, insieme al quale si specializzò nella fornitura di cassoni dipinti, un genere che incontrava un grandissimo successo nella Firenze di quegli anni”.
“L’allestimento della mostra, progettato dall’architetto Piero Guicciardini, dello studio Guicciardini-Magni, si caratterizza per la sapiente evocazione scenica delle architetture della Firenze di Giovanni dal Ponte e per la cura delle luci sui fondi oro, che insieme creano effetti di grande suggestione”
La Direttrice della Galleria dell’Accademia conclude così la sua presentazione “Sono certa che la mostra lascerà un ricordo particolarmente vivo nei visitatori grazie all'elegante progetto espositivo d’avanguardia …”.
Una valutazione completamente condivisa da tutti i visitatori abbagliati, oltre che dalla raffinata bellezza delle opere, da un suggestivo allestimento che ricrea le architetture e le atmosfere dell’epoca attraverso una sapiente composizione di leggeri tessuti stampati con i colori dei marmi.

Patrizia Casini, Graziella Guidotti

mercoledì 14 dicembre 2016

REGALO DI NATALE AL MUSEO MARINO MARINI. INGRESSO GRATUITO


Nel cuore della vecchia Firenze, in piazza di San Pancrazio, c’è un concentrato di testimonianze artistiche, di valori culturali e di bellezza conosciuto e molto apprezzato a livello internazionale dagli intellettuali e dagli studiosi d’arte, non sufficientemente noto ai fiorentini: è il museo Marino Marini.  
Se elenchiamo le meraviglie concentrate nelle poche centinaia di metri quadrati occupati dal museo, che certamente non fa concorrenza per dimensioni ad altri della città, ci rendiamo conto delle ricchezze che raccoglie.
La chiesa oggi sconsacrata di San Pancrazio ha origini paleocristiane e nel tempo è stata più volte rimaneggiata e aggiornata alle esigenze emergenti (direzione del gioco del lotto, tribunale, manifattura dei tabacchi, deposito dell’attigua caserma) fino a che alla fine degli anni ottanta del novecento non è stata attentamente restaurata e destinata a conservare le opere di scultura, pittura e disegno di Marino Marini.
Al suo interno la Cappella Rucellai con il Tempietto del Sacro Sepolcro di Leon Battista Alberti è uno dei grandi capolavori del Rinascimento fiorentino la cui vista da sola basta a giustificare un viaggio anche da paesi lontani..
La nuova presidente Patrizia Asproni intende rinnovarne attività e obiettivi “ Aprirsi sempre più alla città, diventare un luogo di aggregazione non solo attraverso le esposizioni ma anche con attività multidisciplinari, in collegamento con altre istituzioni cittadine, rafforzando i rapporti con il territorio: un museo che deve vivere nella città, per la città e i suoi abitanti. È questo il primo degli obiettivi della prossima annualità del Museo Marino Marini, ed è proprio in questa prospettiva che durante le festività, dal 15 dicembre 2016 al 15 gennaio 2017, il Marini sarà aperto gratuitamente. Un regalo a Firenze, e un’occasione per cittadini e turisti di conoscere meglio un “pezzo unico” del panorama museale nazionale”.
Il secondo obiettivo, quello di rafforzare la visibilità internazionale del museo avviando e
consolidando una rete di rapporti con altre istituzioni museali nel mondo, porta con sé
un’importante novità: la nascita di un Comitato d’Onore.
Dal 2017 una struttura formata da personalità del mondo dell’arte, e non solo, internazionale che avrà il compito di sostenere e promuovere le iniziative del museo. Sarà presieduto da Michela Bondardo, pioniera della contaminazione tra mondo dell’arte e business, attualmente membro del MOMA Contemporary Art Council.
Non è tutto. La curatela del Museo sarà affidata ad una nuova figura, il Visiting Director, scelto fra direttori e curatori italiani e internazionali, al quale sarà affidata per un anno la
programmazione espositiva, avrà il compito di realizzare un progetto ad hoc per il museo attorno al quale ruoteranno tutti gli altri eventi. Il Visiting Director del 2017 sarà Dmitry Ozerkov. Nato a Leningrado nel 1976, è storico dell’arte, curatore del Dipartimento di Arte Contemporanea del Museo di Stato dell’Hermitage, curatore e ideatore del progetto “Hermitage 20/21”, nato nel 2007 con lo scopo di collezionare, esporre e studiare l’arte dei secoli XX e XXI. Una scelta che metterà in relazione il Museo Marino Marini con la Russia, un Paese che testimonia un crescente interesse per la cultura italiana, come dimostra l’incremento dei flussi turistici russi anche a Firenze.
Un altro degli aspetti dell’attività del Museo Marino Marini che saranno oggetto di prossime azioni di valorizzazione è il potenziamento dell’attività del Dipartimento Educazione, verso le scuole, ma non solo. È un esempio, il progetto “l’Arte tra le mani” avviato nel 2012, per favorire l’accesso all’arte alle persone affette da Alzheimer e ai loro caregivers, racconta l’attenzione del Museo a speciali tipologie di pubblico.
Nell’autunno del 2017, infine, il Museo Marino Marini ospiterà la mostra celebrativa del trentennale del film del regista statunitense James Ivory, Camera con vista (A Room with a View), tratto dall’omonimo romanzo di E.M. Foster, interpretato magistralmente da Daniel Day-Lewis, Helena Bonham Carter, Julian Sands e Maggie Smith, di cui Firenze è stata protagonista. Una mostra sul back stage, con immagini assolutamente inedite e che nasce dalla collaborazione fra e con tutte le istituzioni cittadine, Comune, Regione, Film Commission Toscana, NYU, British Institute, Odeon Firenze e lo stesso regista.
Il Museo Marino Marini può contare, da quest’anno, su un contributo da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze di 70mila euro che vengono erogati direttamente al Museo, nell’ambito del progetto “piccoli grandi musei” e non più per le singole mostre.
Il Museo resterà chiuso per lavori di ristrutturazione da fine gennaio a fine febbraio prossimo per il nuovo impianto di climatizzazione che consentirà di ospitare iniziative anche importanti, grazie al contributo messo a disposizione dalla Regione Toscana a valere sui fondi FESR e dal Comune di Firenze” 
Patrizia Casini -  Graziella Guidotti

domenica 11 dicembre 2016

UNA MOSTRA DA SCOPRIRE E AMMIRARE


Nella bella e ben organizzata biblioteca del comune di Lastra a Signa (Firenze) si è inaugurata sabato 3 dicembre 2016, e resterà aperta fino al 14 gennaio 2017, una mostra che si armonizza perfettamente con l’atmosfera delle accoglienti sale ricolme di libri di mille dimensioni e colori.
Il titolo della mostra, inconsueto e anche un po’ misterioso, recita: Quando la foglia si posa sul foglio-silenzio e lettura nei dipinti e nelle ceramiche di Carlo Bertocci.
L’autore in un primo momento era perplesso se accettare l’invito di fare la mostra all’interno di questo spazio perché pensava che l’ambiente non fosse adatto per dare respiro e risalto alle sue opere sempre esposte, in Italia come in Inghilterra, America, Finlandia, Turchia, Israele, Egitto, in gallerie d’arte, cioè in luoghi allo scopo deputati, con pareti bianche e uno spazio sufficiente per una disposizione studiata e una illuminazione adeguata.
Poi, riflettendo bene, ha concluso che le sue opere di pittura e di ceramica potevano risultare ben collocate nella biblioteca perché da tempo approfondiscono il tema del silenzio, della lettura, della riflessione e del raccoglimento, aspetti che caratterizzano e descrivono ogni biblioteca. Non solo a queste considerazioni si è unito il ricordo di una sua poesia del 2005 che sembra scritta proprio per l’occasione con il titolo “Quando la foglia  si posa sul foglio” che ha dato il titolo alla mostra.
Tema ricorrente dei quadri dell’artista è l'immagine di tre quarti di giovani ragazzi, forse ricordo del periodo trascorso come insegnante di materie artistiche nella scuola media. Uno dei primi compiti assegnati all'inizio dell’anno scolastico consisteva nell'analisi e nella rappresentazione di una foglia che appoggiata sul foglio forniva ad ogni allievo il contorno di base per l’interpretazione.
Per aiutare i giovani a liberarsi dal pregiudizio che una cosa è ben fatta se assomiglia al vero e per stimolarne la creatività Carlo Bertocci recitava loro una breve poesia di sua invenzione. Seguendo il concetto espresso nella poesia ogni disegno risulta apprezzabile perché figlio generato dal matrimonio fra la foglia, tema dell’esercitazione, e il foglio supporto per la rappresentazione.

Quando la foglia si posa sul foglio
nascono le figlie e i figli della foglia e del foglio,
perché la foglia che si posa sul foglio ne diventa la sposa
il foglio accolta la sposa ne diventa il marito,
allora il foglio e la foglia fanno al meglio i figli e le figlie;
a chi somiglia la figlia della foglia e del foglio?
somiglia meglio al foglio o alla foglia?
e a chi somiglia il figlio del foglio e della foglia?
somiglia meglio alla foglia o al foglio?

La richiesta di riconoscibilità della foglia che non corrisponde alla richiesta di veridicità fatta agli elaborati dei giovani allievi caratterizza anche le immagini dipinte da Carlo Bertocci che pur rappresentando ragazzi e
ragazze perfettamente riconoscibili li immerge in un’atmosfera che non li fa sembrare veri. L’atmosfera che pervade le opere rende infatti i personaggi rappresentati quasi arcani simboli astratti fissati in atteggiamenti e con espressioni fugaci piene di mistero. Per alcuni aspetti e con le differenze dovute a qualche secolo di distanza fanno venire in mente il fascino misterioso di immagini antiche che, pur essendo dipinte con tutti i particolari fisici non sono vere, sono simboli: nessuno pensa che possano avere, un tempo, camminato in strada.
L’opera di Carlo Bertocci propone un mondo tutto da scoprire anche per il misterioso significato dei gesti: il dito di profilo posto davanti alla bocca per imporre silenzio, il dito con il polpastrello appoggiato sul labbro per avere la possibilità di riflettere con maggiore concentrazione, lo studente che legge in compagnia delle foglie che si adagiano lievi sulle pagine del libro e tanti altri atteggiamenti espressivi che giovani ed adulti assumono spesso in modo inconsapevole.
Queste le parole dell’artista “Ho parlato della tematica del silenzio attraverso due modalità iconografiche: la richiesta del silenzio imposta  agli altri e quella rivolta a se stessi. Quest’ultima è particolarmente interessante perché antichissima: dall'iconografia egizia all'immagine di Arpocrate il Dio greco del silenzio.
Il dito che  serra la bocca e si poggia sulla fossetta sotto il naso è una figurazione che attraversa la Storia dell'arte occidentale.
Nei testi ebraici antichi scopriamo che l'origine della fossetta chiamata 'prelabo' si origina quando al momento della nascita un Angelo ci impone il silenzio sulle nostre conoscenze prenatali serrandoci la bocca”.
Insomma Carlo Bertocci con le sue opere dense di suggestioni ci propone un mondo non solo da scoprire ma anche da godere e ammirare per la bellezza delle forme e dei volumi, per la preziosa superficie pittorica con colori così terzi da far concorrenza agli smalti.
Graziella Guidotti 

















venerdì 9 dicembre 2016

ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA Antologia Scelta 2017

T. Festa, Da Michelangelo 1968
Tombe Medicee, smalto su tela
La Tornabuoni Arte è di nuovo protagonista nel promuovere l’arte moderna e contemporanea.
Il 2 dicembre, nella bella sede di Firenze, Lungarno Cellini n° 2, si è inaugurata ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA Antologia Scelta 2017 mostra allestita con opere selezionate dalla ricca collezione della galleria.
La forte passione per l’arte ha portato Roberto Casamonti ad intrecciare rapporti con molti artisti, gallerie e case d’aste e questo gli ha permesso di assicurarsi una ricca e prestigiosa raccolta di opere d’arte dalla quale periodicamente attinge per mettere in mostra alcuni capolavori.
L’esposizione è, come sempre, accompagnata da uno splendido catalogo, vi sono raccolte oltre 200 opere che testimoniano la vivacità  di artisti che a partire dal XIX sec. hanno arricchito lo scenario italiano e non solo.

I nomi presenti sono tra i più importanti  del panorama artistico da Giorgio De Chirico a Lucio Fontana, da Jorge Eielson a Joan Mirò.

G. Boldini, Ritratto femminile,
1890 ca. pastelli su carta intelata
L’esposizione si apre cronologicamente con un elegante lavoro di Giovanni Boldini per passare ad una serie di opere che hanno come tema il paesaggio interpretato da vari artisti tra cui Carlo Carrà con un dipinto del 1921 e poi Ottone rosai, Giorgio Morandi, Massimo Campigli ed Ardengo Soffici.
Le ricerche sullo spazio e la materia sono presenti con le opere di Lucio Fontana, Bonalumi e Castellani. Paolo Scheggi è presente invece con Parete dell’Intercamera plastica, unica parte superstite di una grande installazione realizzata nel gennaio del 1967 per la nuova sede del Naviglio 2- Galleria d’Arte a Milano.
Agostino Bonalumi Blu, 1964,
tempera vinilica su tela estroflessa
Nell'esposizione trova spazio anche la Pop Art italiana con opere di Franco Angeli, Mario Schifano, Sergio Lombardo, Tano Festa e Cesare Tacchi.
Ben rappresentata l’Arte Povera con esponenti come Giulio Paolini, Mario Ceroli, Michelangelo Pistoletto.

Una mostra che consente un ampio e interessante viaggio nell'arte dalla fine del XIX a tutto il XX secolo.
Patrizia Casini

Lucio Fontana, Concetto spaziale, Attese, 1967,
idropittura su tela
Paolo Scheggi, Zone riflesse, 1963,
acrilico rosso su tre tele sovrapposte,

mercoledì 7 dicembre 2016

ENOARTE - Elisabetta Rogai espone a Siena

Drappellone  - olio e 
tecnica Enoarte ©
con 4 vini del territorio.
Ma chi lo dice che il vino si può gustare solo con il palato.
L’artista fiorentina Elisabetta Rogai ha trovato il modo di farcelo gustare con gli occhi. La pittrice ha inventato e brevettato la EnoArte “dopo anni di studio e molti tentativi nel 2010, con l’aiuto del professor Roberto Bianchini (docente di chimica organica dell’Università degli Studi di Firenze) Elisabetta Rogai è riuscita a capire come “fissare” il vino sulla tela, un procedimento particolare che dona al quadro una vita vera e propria: sulla tela il vino invecchia ed i colori seguono l’andamento del tempo passando da quelli tipici dei vini giovani a quelli che caratterizzano i vini invecchiati.”

Il Palazzo Pubblico di Siena ospita, Roberta Rogai, con la sua personale NELL’ANIMA. La mostra, aperta dal 2 al 27 dicembre, è allestita in uno degli ambienti più suggestivi del Palazzo: i Magazzini del Sale.
L’esposizione è articolata in due parti: quella al primo livello è sostanzialmente la documentazione dello studio, da parte dell’artista del Drappellone, trofeo consegnato alla Contrada vincitrice della corsa del Palio del 16 agosto 2015 per la festa della Madonna Assunta.
Drappellone del Palio dell'Assunta Agosto 2015
Il Giubilo dei Contradaioli
Ogni senese ha un rapporto intimo con “il cencio” così comunemente i contradaioli chiamano il drappellone. Ogni cencio racconta una storia ricca di simboli e di significati. In quello di Elisabetta Rogai la Madonna abbraccia il mondo con al centro la città di Siena e la forza e la vitalità della sua terra e delle sue crete.
A sinistra della scena un bambino getta il berbero, la pallina di legno o di terracotta, dipinta con i colori delle Contrade che abitua i senesi, fin da piccoli, a riconoscere i colori del loro rione ed a ricercarne la vittoria.
In primo piano i cavalli, protagonisti assoluti del Palio con la loro grande energia e vitalità.
La tecnica è mista, i colori ad olio insieme ai “colori” del vino.
Il Gipeto (il volto di donna con l'uccello), Enoarte ©, vino su tela

Al secondo livello è messa in rilievo la poetica dell’artista, l’anima, rappresentata da una dimensione al femminile con ritratti di donne di ogni età e carattere, sorprese in atteggiamenti diversi  rappresentate anche queste con colori ad olio e quelli ottenuti con il l’uso del vino, su vari supporti che vanno dal jeans, al marmo per effetti davvero sorprendenti.
Patrizia Casini

L'Angelo del vino - Enoarte © ,vino Brunello di Montalcino su tela


Quattro Caratteri diversi (Cavalli), Enoarte ©, vino e olio su tela

giovedì 17 novembre 2016

PICCOLO FORMATO FIBER-ART ITALIANA a Castellamonte

Un evento inconsueto nel panorama artistico.
Un convegno e una mostra per presentare un’arte di piccole dimensioni in cui fibre, filati, intrecci e colori risultano assemblati dalla creatività e fantasia di trenta artisti che trattano, manipolano e contamino forme e materiali in modo talmente inconsueto da far dimenticare le esperienze che ogni giorno facciamo toccando e guardando gli stessi materiali in forma di tessuti utili a dare conforto e bellezza alla nostra vita quotidiana.
Tutto questo dice la mostra “Piccolo formato Fiber-art italiana” aperta il 5 novembre 2016 nello spazio espositivo Cantiere delle Arti di Castellamonte. L’esposizione presenta opere tessili, o che, con ampia libertà d’intervento, fanno riferimento al tessile, ma tassativamente di dimensioni non superiori a centimetri 20x20x20.


Le obbligate dimensi
oni dei minitessili, delle miniature tessili o del piccolo formato tessile, come si usa definire queste piccole opere, sono dimensioni che risultano estremamente stimolanti per gli artisti tanto che i trenta espositori presenti al Cantiere delle Arti propongono opere con ricerche sperimentali le più disparate. “Sono presenti opere che utilizzano tecniche e materiali che spaziano dalla tradizione all’avanguardia concettuale dove -il filo, la fibra- divengono un’astrazione. I materiali utilizzati dagli artisti sono molteplici: canapa, seta, juta, cotone, carta fatta a mano, feltro, ossidi, metalli, porcellana, vetro, bronzo”.
Più di quaranta mini capolavori per mettere “a confronto le opere del 1991 presentate a Genova alla Galleria Il Punto con quelle attualissime datate 2016. Opere quest’ultime che gli artisti hanno realizzato appositamente per il Cantiere delle Arti”. La mostra racconta venticinque anni di storia che non hanno fatto dimenticare Paulette Peroni, alla quale è dedicata con affetto l’esposizione, l’artista che ideò e seppe organizzare con entusiasmo e amore la prima esposizione del genere in Italia.

L’iniziativa genovese del ‘91 ebbe tale successo che l’Associazione comasca Arte&Arte incominciò a ripeterla a fine settembre di ogni anno con il titolo Miniartextil Como.

Insieme alle opere sperimentali e di avanguardia concettuale, molte anche quelle che nascono dall’elaborazione della tradizione tessile come ad esempio omaggio a Mondrian di Patrizia Casini,  Ciao Itten di Paola Besana, Pensiero materiale di Roberta Ghioni, Percorsi di Graziella Guidotti, Rosa di Juta di Matilde Menicacci.
Tra le opere che si allontanano dal tradizionale intreccio tessile e quindi più sperimentali e di avanguardia concettuale: Tensioni di Sandra Baruzzi, Madre Terra, ritratto amorevole di Vanda Casaril, Amal-Speranza di Luciana Gianello, Omaggio a Scanavino di Paolette Peroni, Licheni in nodo Smirne di Loredana Seregni, Gabbia di Mimmo Totaro, Basta cercare, forse di Roberto Zanello e tante altre tutte ugualmente interessanti con il loro differente linguaggio espressivo.

Cassio Manismi


venerdì 11 novembre 2016

TESSILI NELL'ANTICHITA'

Si è tenuto in Veneto dal 17 al 20 ottobre il “VI Purpureae Vestes International Symposium Textiles and dyes in the mediterranean economy and society, l’incontro durante il quale gli studiosi di tutti i paesi interessati divulgano e mettono a confronto lo stato dell’arte rispetto allo studio dei tessili archeologici e agli aspetti sociali, produttivi, commerciali, economici ad essi connessi nell’area del mediterraneo.
Il simposio organizzato dai docenti delle Università di Padova, Salento, Cambridge e dai funzionari del Polo Museale del Veneto si è svolto in tre sedi: presso l’Università di Padova, presso il Museo archeologico di Este e quello di Altino. É stata così fornita una visione diretta di molti dei ritrovamenti archeologici scoperti nella parte sud occidentale del Veneto. Del resto il programma di questa edizione prevedeva di riservare un’attenzione particolare e un tempo adeguato agli interessanti studi archeologici che in questi ultimi tempi hanno approfondito, con grande attenzione, il settore tessile nella regione.
Per capire la cultura di un popolo è importante focalizzare l’attenzione sui tessili che insieme alla ceramica costituiscono da sempre una voce fondamentale per indagare le abitudini di vita, l’organizzazione sociale e, inoltre, per individuare le conoscenze tecniche necessarie per produrre i manufatti che, nell’antichità come oggi, erano voci importanti per la ricchezza e il prestigio di una comunità.
A differenza  della ceramica che si è conservata in grande quantità e anche in buono stato di conservazione i tessili, molto spesso, sono andati distrutti. Le fibre tessili, infatti, sono costituite da materiale organico facilmente deperibile e si conservano solo in particolari condizioni ambientali. Raramente si trovano, quindi, manufatti completi o tracce abbastanza grandi da permettere di ricostruire o soltanto intuire forma e uso. Più facile trovare qualche frammento fossilizzato, rintracciare le impronte su oggetti di metallo oppure recuperare frammenti molto piccoli di conseguenza non sufficienti per ricostruire processi produttivi, cultura, tradizioni, abitudini di vita, cioè quello che attualmente interessa di più al mondo della ricerca e a tutti noi che, faticosamente, ci aggrappiamo alle nostre radici per trovare fiducia e certezze nel futuro.
In mancanza di testimonianze complete, che rappresentano pur sempre una fortunata eccezione, le relazioni si sono  concentrate sugli strumenti di lavoro e in particolare sui pesi dei telai che essendo di terracotta hanno sfidato il tempo. Anche le fuseruole, essendo di materiale  litico si sono conservate bene e offrono motivo di riflessione per ipotizzare la quantità di filato necessario per successive lavorazioni  con il telaio o con altri strumenti. Un’attenzione particolare è dedicata alle fonti letterarie e alle rappresentazioni pittoriche, spesso su ceramica, fonti inesauribili di informazioni.
Tra gli studi suggestivo quello presentato da Carla Corti dell’Università di Verona, Dipartimento
Culture e Civiltà, che si basa sulle fonti letterarie e epigrafiche per proporre ciò che i dati archeologici fino ad oggi mostrano solo parzialmente. Nella territorio della città di Mùtina, l’attuale Modena, fino al IV secolo d. C. si produceva la migliore qualità di lana. “Non solo la lana di Mutina, varietà dorata, era la più costosa in assoluto e così i capi di abbigliamento con essa realizzati, ma anche ai tessitori e follatori che lavoravano la lana di Mutina spettava un salario più elevato”, a dimostrazione che si trattava della migliore produzione tessile del mondo romano.
Indicazioni in questo senso sono date dal monumento funerario di un addetto al commercio della lana, i pesi fittili da telaio di forma tronco-piramidale decorati a matrice di cui alcuni tarati in unciae e libbrae, e in particolate il bassorilievo con un operaio che pesa una grossa balla su una stadera del tutto simile a quelle usate comunemente in famiglia fino alla metà del XX secolo, inoltre un grosso aequipondium, cioè il peso che serviva a trovare l’equilibrio sull’asta e quindi ad individuare il peso della merce. Negli ultimi tempi si è ritenuto di individuare negli scavi di Villa Scartazza un opificio per la lavorazione della lana.
Un altro studio interessante è stato fatto sempre da Carla Corti insieme a Michela Sanfelici, dell’Università di Verona: si tratta di una proposta che riguarda il possibile uso alternativo degli aghi in osso che si rinvengono nei siti di età romana, spesso con due o tre crune.
L’interpretazione che ne limita l’uso esclusivamente alle operazioni di cucitura non appare conciliabile con la quantità, la diffusione e le caratteristiche tecniche di questi aghi.
“Sono stati presi in considerazione i rinvenimenti archeologici e le fonti iconografiche da una parte, e l’archeologia sperimentale (indagando anche presso i gruppi di rievocazione storica, come Sagitta Barbarica, e di studio odierno della tecnica del nalbound, come attività svolta da Sanna-Mari Pihlajapiha” per ipotizzare se potessero servire “per realizzare capi di abbigliamento con la tecnica oggi conosciuta come nalbinding (particolarmente adatta per realizzare calze per scarpe infradito, come le soleae che si diffondono nel II secolo d.C. anche come scarpa da esterno”.
Una ricerca approfondita e osservazioni che portano un contributo importante per capire che “L’ampia presenza di aghi in osso nei siti romani potrebbe essere spiegata anche dall’uso del nalbinding per realizzare indumenti, sia all’interno della familia, che presso laboratori tessili.
L’aumento dell’uso dei sandali infradito (solea) a partire dal II secolo d.C. può aver contribuito alla diffusione di questa tecnica (mediante la quale si potevano ottenere comode calze di lana con l’alluce separato dalle altre dita), come parrebbe documentare in particolare la presenza degli aghi a tre fori.
La richiesta di questo tipo di indumento potrebbe aver coinvolto appieno il mercato tessile e innescato anche una produzione locale. La possibilità di diversificare la produzione infine rappresenta un’importante opportunità economica per il singolo laboratorio tessile” e per il benessere di tutta la comunità.
Graziella Guidotti

lunedì 7 novembre 2016

FESTA DELL'ALBERO 2016

- 21 novembre, in occasione della Giornata Nazionale degli alberi sarà presentato il libro "Orti botanici, Eccellenze italiane" presso la Biblioteca Botanica "Saletta Giovanna Garzoni" dell'Archivio storico del Frutto e del Fiore, Via Santo Spirito 6 Firenze, ore 18. Una copia del volume sarà data in omaggio ai partecipanti: ingresso libero su prenotazione scrivendo una mail a mclauser@unifi.it;

- martedì 22 novembre ore 17 Biblioteca delle Oblate, sala Balducci, Via dell'Oriuolo 24,  ingresso libero. LE PIANTE DEL NATALE: abete bianco, vischio, pungitopo e altre piante che richiamano il Natale per simbologia, usi e storia. Conferenza di Marta Mariotti, docente di Botanica sistematica presso l'Università di Firenze.


- mercoledì 21 dicembre, ore 16 Biblioteca delle Oblate, sala Balducci, Via dell'Oriuolo 24. IL CENTROTAVOLA NATALIZIO CON LE PIANTE DELL'ORTO BOTANICO. Laboratorio per adulti con Carla Giusti, socia ADIPA. Ingresso libero con prenotazione al numero 055 2616512 (a partire dal 1 dicembre)

venerdì 4 novembre 2016

FOTOGRAFI IN TRINCEA La Grande guerra negli occhi dei Soldati Senesi

Enrico Barbera L'anima di un cannone fotografata 1916
Si è inaugurata a Siena al museo di Santa Maria della Scala la mostra FOTOGRAFI IN TRINCEA aperta dal 29 ottobre 2016 al 15 gennaio 2017 nella quale sono esposte 100 fotografie selezionate tra 22 archivi fotografici privati, per un totale di 2500 scatti e 18 archivi cartacei composti da cartoline e diari.
Nella esposizione viene raccontato un evento drammatico come la Prima guerra mondiale  da un’insolita prospettiva, non quella dei reporter inviati al fronte ma dagli occhi di alcuni fanti senesi che stavano partecipando come protagonisti al conflitto.
Sono stati messi in risalto 36 combattenti di varia estrazione sociale; il boscaiolo, lo studente, il mezzadro, l’artigiano, etc. uniti da una comune passione, la fotografia e la scrittura.
Archivio Alberto Averani, Trasporto di un ferito
Raccontano la quotidianità di essere soldati, di vivere la guerra e la loro macchina fotografica, come afferma Daniele Pittèri, direttore del complesso museale, servirà non solo come testimonianza e documentazione ma anche come ancora di salvezza, l’isola felice in cui rifugiarsi, il mondo fantastico e interiore grazie al quale sopravvivere ai terribili eventi cui sono costretti ad assistere e di cui sono partecipi.
Questa guerra viene riportata  anche nei brani tratti dai diari, dalle cartoline dalle lettere e la suggestione delle parole viene affidata a mezzi diversi, non solo la lettura, ma l’ascolto.
Arch. Silvio Piccolomini,
Ufficiali in un momento di svago,
Dintorni di Montagnana (Pd),

La mostra è arricchita con le opere di un non senese Giulio Aristide Sartorio, anch’egli fante, il quale sulla base di scatti fotografici e rapidi schizzi realizzati al fronte tra 1917 e il 1918 ha creato i quindici dipinti esposti che conservano l’intensità e l’immediatezza dell’immagine fotografica da cui traggono l’origine.
Patrizia Casini


Info e contatti
www.santamariadellascala.com
T. +39 0577 534511
Biglietteria
Tel + 39 0577 534571
La visita alla mostra è compresa nel percorso del Santa Maria della Scala

Fabio Bargagli Petrucci, alpini e artiglieri trainano un’artiglieria, 1918
Giulio Aristide Sartorio, Sacile 31 ottobre 1917, olio su tela

domenica 30 ottobre 2016

ALLUVIONE DI FIRENZE cinquantesimo anniversario

Numero speciale MCM per l'alluvione
Durante la notte a cavallo tra il 3 e il 4 novembre 1966 il fiume Arno riversò 70 milioni di metri cubi d’acqua nella città di Firenze, causando notevoli danni alle attività commerciali, ai poli culturali e provocò la morte di 35 persone.

La direttrice del Museo di Storia della Scienza, Maria Luisa Bonelli, all'indomani del disastro presentava al ministero la situazione con queste parole.
“All’alba del giorno 4 novembre 1966 l’acqua dell’Arno inondando prima completamente gli scantinati recentemente adibiti a locale d’esposizione, è poi penetrata nel piano terreno dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza salendo ad un’altezza di m.4,20. I danni perciò oltre ad interessare notevolmente le mura del fabbricato e i pavimenti che hanno ceduto in quattro sale, si rilevano soprattutto nelle collezioni degli strumenti di medicina, ceroplastica, chimica, farmacia, alchimia, pesi e misure, ottica, acustica, meccanica dei liquidi, elettromagnetismo, elettrostatica e tecnologia compresa in questa l’orologeria meccanica”.
Palazzo Castellani, dal 1930 sede del museo di Storia della Scienza, per la sua ubicazione adiacente alla galleria degli Uffizi, con il suo ingresso principale in Piazza dei Giudici ed il lato sud ovest che guarda l’Arno, fu tra i primi importanti edifici a subire le conseguenze della piena del fiume.
Quella che era stata considerata una normale pioggia stagionale, si rivelò essere un’incessante e pericoloso diluvio che sconvolse l’assetto dei fiumi in varie zone della Toscana.
L’alluvione del ’66 fu uno dei primi episodi che evidenziò l’assoluta mancanza di una struttura centrale di aiuto ai cittadini in situazioni di calamità ed allarme, quella che poi diventò l’attuale Protezione Civile.

Dal volume DI PIETRA E D'ORO Il ponte vecchio a Firenze
sette secoli di storia e d'arte
I cittadini infatti non vennero allarmati ed avvertiti dell’imminente catastrofe, ad accezione di alcuni orafi di Ponte Vecchio che ricevettero una telefonata dalla guardia notturna e che quindi riuscirono a svuotare le loro botteghe.
I fiorentini dovettero constatare personalmente prima la fuoriuscita di liquidi dalla fogne, poi piccoli allagamenti nelle cantine ed infine un poderoso flusso d’acqua che invase ogni cosa e che raggiunse in pochissimo tempo un’altezza maggiore di 4mt.
L’intervento da parte dello Stato si fece attendere sei giorni a partire dalla data della catastrofe e gli aiuti provennero quindi in un primo momento esclusivamente dal volontariato e da parte di gruppi cittadini organizzati: si sviluppò una grande solidarietà anche tra classi sociali diverse.
Le manifestazioni in ricordo del cinquantesimo anniversario dell’alluvione sono iniziate con la conferenza svoltasi mercoledì 26 ottobre presso il salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio.
Alla presenza delle autorità cittadine, sono intervenuti il presidente del consiglio regionale della Toscana, Eugenio Giani, il Rettore dell’Università degli studi di Firenze, Luigi Dei, la direttrice della rivista “MCM La storia delle cose”, Maria Cristina de Montemayor, il direttore della galleria degli Uffizi, Eike Schmidt e la storica dell’arte e scrittrice Cristina Acidini.

Balthazar Korab - Ponte Santa Trinità 
Il vero ospite d’onore di questa giornata è stato il simbolo per eccellenza della città di Firenze: il Ponte Vecchio. Durante la conferenza infatti, grazie ad interventi e vere e proprie testimonianze di storia come ad esempio quella donataci dalla signora Lucia Barocchi, testimone dell’invasione tedesca durante la seconda Guerra Mondiale e della notte dell’alluvione, gli ospiti hanno potuto immaginare e scoprire il valore del Ponte Vecchio: superstite prima della devastazione nazista operata a danno di altri importanti monumenti della città e poi dell’alluvione.
   Il primo di due numeri monografici “Documento Alluvione 1966-2016” della testata MCM- La storia delle cose”, edito per l’occasione, raccoglie i fatti e le vicende relative a questo terribile momento ed è accompagnato da un bel volume con titolo “DI PIETRA E D’ORO il Ponte Vecchio di Firenze: sette secoli di storia e di arte”. Vi sono illustrati i racconti che caratterizzano questo grande palcoscenico di eventi cittadini, le analisi della situazione attuale dal punto di vista della sicurezza idraulica della città di Firenze e considerazioni riguardanti la tutela dei beni pubblici e privati tramite il contributo offerto dalla tecnologia e dalla scienza.
Il Ponte da sempre è un simbolo di unione, il primo germe della città. É pura espressione dell’ingegno che l’uomo imprime sulla natura, simboleggiata dall’acqua: acqua che porta vita, che garantisce lo scambio commerciale, ma che può esondare e distruggere tutto ciò che trova sul suo cammino.
Balthazar Korab - Piazza Duomo 
Dinnanzi a tragedie naturali di questa portata l’uomo si sente inerme e terribilmente impotente, ma niente come una tragedia può unire e far rinascere la vita laddove stava permanendo l’indifferenza e l’individualismo.
La città di Firenze ha saputo trovare nel Ponte il suo simbolo di unità e di resilienza, la capacità di far fronte agli imprevisti senza lasciarsi schiacciare, ma reinventandosi mediante la creatività ed il coraggio.
   La violenza dell’alluvione e le preziose testimonianze di aiuto tra la cittadinanza sono state documentate dal fotografo ungaro Balthazar Korab, uno dei più celebri e prolifici fotografi di architettura del secolo scorso.
Nel periodo di maggior successo professionale, egli decise di prendersi un anno sabbatico e di venire in Italia.
Arrivò in Toscana e più precisamente a Settignano, un borgo nei pressi di Firenze, nei primi giorni di novembre del 1966 con la moglie e i figli. Qui venne a conoscenza di ciò che stava accadendo a Firenze. Non seppe resistere alla tentazione di recarsi sul luogo e, armato della sua Hasselblad medio-formato e di cinque rullini fotografici, raccontò e documentò nella tragedia i piccoli gesti di un’umanità forse precaria, ma operosa e fiduciosa in un nuovo inizio.
Nella mostra fotografica di Balthazar Korab “I giorni dell’alluvione”, visitabile fino al 26 novembre 2016 presso la galleria TETHYS Fine Art Photography in via dei Vellutini 17r a Firenze, sono raccolti gli scatti agli edifici, ai monumenti e alle opere d’arte devastate dall’alluvione, preziosi documenti che ci trasportano nei
Balthazar Korab - Biblioteca Nazionale Centrale
gesti e nei volti delle persone che affollarono quei giorni, tra pagine di libri della Biblioteca Nazionale stesi ad asciugare su fili come un bucato, montagne di scarpe ammassate fuori dalle botteghe artigiane, statue della gipsoteca in attesa di restauro nelle sale dell’Accademia di Belle Arti e oggetti e manichini impigliati in ogni sporgenza.
Ecco allora che questo terribile evento diviene a sua volta materia di ispirazione artistica, si lascia plasmare come l’oro nelle mani dell’artigiano e il risultato è davvero unico.
Occorre allora celebrare non l’anniversario dell’alluvione, ma il coraggio e la resistenza del Ponte Vecchio e delle persone che tutt’oggi lo attraversano: tenaci, creative e ricche di sfaccettature come il Vecchio Diamante incastonato a cavallo del fiume Arno.
Elisa Silvestri