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I protettori, 2007 |
Tornabuoni Arte, nella sua sede di
Firenze, ospita dal 25 ottobre al 30 novembre 2019 un’ampia esposizione intitolata a RENATO MAMBOR.
Un artista eclettico, tra le figure
di primo piano della scuola di Piazza del Popolo, ha vissuto appieno la Roma
della sperimentazione e dell’avanguardia insieme ad artisti come Schifano,
Angeli, Festa e Tacchi.
La
sua prima esposizione risale al 1959 alla galleria “L’Appia Antica” e l’anno successivo
è tra i vincitori dei premi assegnati dalla Galleria Nazionale di Arte Moderna.
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Airone ferito, 1966 |
Nella
sua vita artistica ha lasciato che la curiosità lo portasse a sperimentare con grande
tensione intellettuale ed umana esercitando in molti ambiti artistici dal
teatro al cinema, dalla pittura alla scultura.
Nei
suoi spettacoli era autore, scenografo, regista, attore, ballerino cantante.
“Voglio fare di tutto, ballare,
cantare, scrivere, recitare, fare il cinema, il teatro, la poesia, voglio
esprimermi con tutti i mezzi, ma voglio farlo da pittore perché dipingere non è
un modo di fare ma un modo di essere”. In una frase Mambor offre una precisa immagine del suo
essere artista.
Alla
pittura, l’amore di sempre, resterà infatti fedele sino all'ultimo momento in particolare dal 1987 a seguito di un'operazione al cuore che lo portò a riflettere sulla sua attività d'artista e in particolar modo di pittore.
“Un dolce pensiero incartato da una
forte determinazione si espresse così: sono un pittore, voglio tornare a
dipingere”.
Il
filo, che ritroviamo spesso nell'opera di Mambor, nei primi anni è simbolo di un legame, una
costrizione mentre successivamente il concetto si trasforma e il tutto è
connesso, legato la separazione è un illusione.
“Non
c’è niente e nessuno che sia veramente separato dal resto, la vita stessa si
manifesta in relazione…Tra il pittore e il fare quadro, tra il dipinto e lo
spettatore…Questi fili nell’arte sono ciò che ci lega ai compagni di strada,
alla storia contemporanea, al passato, alle diverse forme d’arte, anche a
quelle che non condividiamo. Anche un battito mancante fa parte del cuore”.
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Fili, 2012 |
Con FILI, una grande opera “installativa” del Duemila, viene espresso
questo concetto dove ogni essere è legato da fili invisibili alle persone e all’ambiente.
Le matasse colorate sono presentate in fila sulla parete. Una scultura formata da
una sagoma doppia tiene in mano una matassa “la matassa di lana oscillava fra
le mie mani come una preghiera aperta. Mia madre seguiva l’ondulazione del filo
e sciogliendo ogni nodo costruiva il gomitolo. Infine un sorriso di
soddisfazione suggellava il nostro rapporto”.
Patrizia Casini
Tornabuoni Arte,
Lungarno Benvenuto Cellini 3
Firenze