mercoledì 25 ottobre 2017

AMBROGIO LORENZETTI un artista innovativo del suo tempo

Si è inaugurata a Siena la bellissima mostra su Ambrogio Lorenzetti, pittore attivo nella prima metà del Trecento e allievo di Duccio di Buoninsegna.
L’idea della mostra nasce nel 2015 con un progetto chiamato Dentro al Restauro il quale porta all’analisi e all’approfondimento di Ambrogio Lorenzetti. L’operazione comporta il trasferimento di alcune opere, che necessitavano di restauro, nel complesso di Santa Maria della Scala: il ciclo di affreschi staccati dalla cappella di San Galgano a Montesiepi e il Polittico della chiesa di San Pietro in Castelvecchio a Siena.
A questi due cantieri si sono affiancati altri due restauri, il primo nella chiesa di San Francesco, volto al recupero della sala capitolare dei frati e l’altro nella chiesa di Sant’Agostino dove Lorenzetti affrescò il ciclo di storie di Santa Caterina e gli articoli del Credo.
Gli interventi sono stati allestiti in un cantiere di restauro “aperto” cioè fruibile dalla cittadinanza e dai turisti in modo da permettere, oltre ad una maggiore conoscenza da parte degli studiosi, una familiarizzazione da parte del pubblico.

Ambrogio Lorenzetti è stato uno tra i maggiori e più importanti artisti dell’Europa tardo-medievale e fu famoso anche presso gli scrittori d’arte (Commentarii del grande scultore rinascimentale Lorenzo Ghiberti) ma poco conosciuto ai giorni nostri.
Questo perché gli studi si sono sempre concentrati sui magnifici affreschi realizzati dal pittore per il Palazzo Pubblico: le allegorie e gli effetti del Buono e del Cattivo governo offuscandone un po’ il resto dell’attività.
Lorenzetti, uomo di grande cultura attivo nella vita politica della sua città, realizza quelli che sono tra le prime pitture senza temi autocelebrativi dei committenti; si tratta di veri e propri manifesti  dell’etica politica delle città-Stato nell’età tardo comunale.
Purtroppo “la densità concettuale di quest’insieme di dipinti murali” ha messo finora in secondo piano il resto della sua produzione pittorica.

La mostra vuole mettere in evidenza il resto della produzione artistica e lo straordinario linguaggio stilistico dell’artista, sottolineando il valore intellettuale e innovativo della sua opera.
Il percorso si apre con una prima sezione dedicata ai grandi maestri che operano nella Siena del 1300; Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Pietro Lorenzetti (il fratello di Ambrogio).
Seguono varie opere di Ambrogio tra cui la Madonna di Vico l’Abate, la Madonna col bambino, La croce dipinta di Montenero d’Orcia e molte altre opere oltre agli affreschi delle varie chiese staccati e restaurati.

In mostra tornano quindi a vivere idealmente il chiostro della chiesa francescana e anche se oggi degli affreschi ne rimane una parte assai piccola la fortuna vuole che “il maggiore frammento superstite appartenga proprio alla scena più celebre del ciclo, e rappresenti quel miracoloso fortunale scatenatosi in seguito alla morte dei francescani” che contiene la prima rappresentazione di una tempesta nella storia della pittura occidentale.
Purtroppo la parte inferiore dove Lorenzetti decise di rappresentare, allontanandosi dalle fonti agiografiche, la reazione terrorizzata della folla a seguito del fortunale è andata perduta. Questa scena, così particolare e fuori dagli schemi, suscitò l’entusiasmo del Ghiberti “uenghossi gli uomini et le donne arrouesciarsi e panni in capo”.
Rimane la parte superiore dove si vede la città battuta dalla pioggia e dai grossi chicchi di grandine dove sempre il Ghiberti descrive come “la grandine folta in su e’ palvesi”.

Di grande suggestione gli affreschi della cappella di San Galgano a Montesiepi dove nella lunetta nord-est la raffigurazione di Maria Regina è realizzata secondo lo schema della Maestà della tradizione senese arricchendo però la composizione con la figura di Eva ai piedi dello scranno della Madonna.
Eva indossa la pelliccia di capra, simbolo della lussuria e tiene in mano il ramo di fico, simbolo del peccato e della sua conversione. La conseguenza immediata della trasgressione di Adamo ed Eva è la vergogna causata dalla consapevolezza della loro nudità e la loro reazione è coprirsi con la foglia di fico, infatti fulcro del dipinto è il tema della redenzione.

A corredo della mostra un ricco catalogo rappresenta finalmente la prima completa e ricca monografia dell’artista.
Patrizia Casini

martedì 24 ottobre 2017

Importanti acquisizioni alla Galleria dell’Accademia di Firenze

Mariotto di Nardo (Firenze, 1365 circa – 1424 circa)
Angelo annunziante  
La rilevante “collezione fondi oro” del Museo dell’Accademia di Firenze si è arricchita di quattro preziosi pezzi che permettono di approfondire la conoscenza dell’opera di Mariotto di Nardo (Firenze 1365-1424 circa) e di avviare la ricomposizione di un importante tabernacolo forse commissionato dalla famiglia Corsini. Si tratta di quattro tavole: due sportelli raffiguranti coppie dei santi, rispettivamente Giovanni Battista con Nicola di Bari e Antonio abate con Giuliano, e due semilunette, una con l'angelo annunziante e l'altra con la Vergine annunziata.
M.di Nardo Firenze, 1365 -1424 circa
San Giovanni Battista e San Nicola da Bari
“Gli sportelli, già sottoposti alla Dichiarazione d’interesse da parte dello Stato, che erano esposti alla Trentesima Biennale Nazionale dell'Antiquariato conclusasi recentemente a Firenze, nello stand dell'antiquario Matteo Salamon di Milano, sono stati acquistati dalla Galleria dell'Accademia al prezzo di trecentomila euro. Negli stessi giorni della Biennale, Angelo Tartuferi, vicedirettore del celebre museo fiorentino e noto specialista di pittura antica, ha identificato le due semilunette con le figure dell’Annunciazione come parti terminali superiori dei medesimi sportelli ritagliate in epoca imprecisata, ma certamente anteriore alla fine dell’Ottocento, quando i quattro dipinti figuravano ancora puntualmente descritti nel catalogo della Galleria Corsini a Firenze. Mentre le tavole con le coppie di santi erano nella illustre collezione fiorentina ancora alla fine degli anni venti del Novecento, delle due semilunette si era persa ogni traccia. La Galleria dell’Accademia è riuscita ad assicurarsi, con una tempestività inconsueta per i musei italiani, anche questi ulteriori dipinti ricomparsi solo ultimamente sul mercato antiquario”.
Lorenzo Bartolini
Ritratto di Giovanni Battista Niccolini
Le quattro opere, che appartengono all’età matura dell’artista, mostrano sia i fermenti culturali e stilistici neogiotteschi della fine del Trecento, sia le suggestioni della pittura tardogotica sull'esempio di Lorenzo Monaco e Gherardo Starnina.
Caratterizzate da una finissima e preziosa decorazione in pastiglia dorata arricchita da una copiosa granitura della superficie, eseguita secondo le indicazioni tecniche descritte da Cennino Cennini nel Libro dell’Arte, mostrano tuttavia un linguaggio personale solenne e posato.
Insieme alle quattro tavole di Mariotto di Nardo è entrato a far parte delle collezioni della Galleria il busto di Giovanni Battista Niccolini, modellato dallo scultore Lorenzo Bartolini (1777-1850). Presentato alla stessa Biennale dell’Antiquariato nello stand dell'antiquario fiorentino Giovanni Pratesi, è stato generosamente donato dall'Associazione Amici della Galleria dell’Accademia di Firenze.

Grazie a questa  donazione la scultura in marmo e il modello in gesso sono di nuovo l’uno accanto all'altro come nello studio dello scultore, entrambi firmati e datati. 
Graziella Guidotti