mercoledì 11 maggio 2016

MICHELANGELO e VASARI Preziose lettere all’«amico caro» dall’archivio Vasari



Una mostra davvero emozionante quella che ci dà la possibilità di leggere le lettere inviate da Roma, fra il 1550 e il 1557, da Michelangelo Buonarroti, a “messer Giorgo (Vasari) amico caro” a Firenze. 
Sono un “segno vivo del profondo rapporto tra i due artisti, carte private che ci consentono di avvicinare un Buonarroti anziano, prossimo alla morte, che si confronta con le proprie debolezze, gli affetti e le ultime meditazioni sull’arte e l’architettura. 
Fra queste carte troviamo anche tre sonetti autografi di Michelangelo, tra i suoi più celebri componimenti lirici” 
L’idea della mostra, Michelangelo e Vasari, dal 12 maggio al 24 luglio 2016 in Palazzo Medici Riccardi a Firenze, nasce in seguito al restauro e la digitalizzazione dell’intero archivio conservato ad Arezzo presso il Museo Casa Vasari ed è articolata in quattro sezioni. 
  • La prima è dedicata a Giorgio Vasari: i numerosi documenti oltre a costituire fonti preziose per la storia dell’arte e della cultura del Rinascimento rappresentano un apparato memoriale e auto celebrativo a cui Vasari affida consapevolmente la propria figura d’artista. 
  • Nella seconda sono esposte le lettere che documentano il rapporto privilegiato che Giorgio Vasari intrattiene con il suo principale committente Cosimo I de’ Medici e con letterati ed eruditi del tempo come Paolo Giovio, Annibal Caro, Vincenzo Borghini. 
  • La terza sezione racconta come nasce l’idea di scrivere il libro “Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori cioè il primo libro di storia dell’arte. 
  • La quarta, la più emozionante, documenta l’amicizia fra i due artisti con lettere autografe inviate fra il 1550 e il 1557 da Michelangelo a Vasari. In una, del 19 settembre 1554, con il sonetto “Giunto è già il corso della mia vita”, il Buonarroti si fa interprete dei suoi amati maestri Dante e Petrarca e traduce in versi una sorta di confessione: come artista e come uomo si rende conto di essere giunto quale “fragil barca” al “comune porto” scampando al mare tempestoso della vita.
Graziella Guidotti