A Firenze vive una numerosa, affiatata
e attiva comunità giapponese. La città è molto apprezzata per la sua storia, le
numerose opere d’arte, l’attività culturale e sono tanti i nipponici che arrivano
per soggiorni più o meno lunghi oppure per viverci stabilmente.
L’Università pubblica con
l’offerta dello studio della lingua giapponese e l’associazione culturale Tokaghe che
durate l’anno organizza corsi di lingua per i privati interessati, facilitano
scambi diretti fra i cittadini. Inoltre fungono da luogo d’incontro e da
coagulo tante altre associazioni tra cui l’Associazione culturale Iroha
collegata con la libreria “Italia Shobo-casa dei libri giapponesi” nella quale
Nina Minorikawa, titolare e direttrice, trova il tempo per essere disponibile
con tutti.
Tante le iniziative giapponesi che
si rincorrono lungo l’anno e che riguardano abbigliamento, tessuti, cucina,
dolci; la più recente si è tenuta a Palazzo Rucellai nel novembre 2016, in occasione
della ricorrenza dei centocinquanta anni di amicizia fra Italia e Giappone.
Si è trattato di un Convegno
internazionale promosso da ISI Florence e dall’Università di Kanazawa con il
titolo “Italia e Giappone a confronto: cultura, psicologia, arti.
Coinvolgenti i temi trattati. Molti
hanno approfondito argomenti interessanti e utili anche per artisti, creativi,
artigiani, insomma per tutti coloro che svolgono attività che includono la
percezione visiva. Ecco alcuni titoli: Mente e cultura, studi cross-culturali
sui processi cognitivi; L’esperienza estetica, il ruolo delle variabili
culturali e neurobiologiche; Carlo Scarpa e l’architettura giapponese; Arte
giapponese e Liberty italiano; La letteratura come strumento di potere alla
corte Heian e alla corte federiciana, ecc..
Ma fra i tanti studi presentati, ci
piace riferire quanto raccontato dal giornalista giapponese dott. Yuzo
Minorikawa vicepresidente dell’Associazione Giapponese in Toscana, che vive
ormai stabilmente in Italia con la famiglia da più di 10 anni.
Durante la presentazione del
Convegno ha raccontato che il suo bisnonno Nao Saburo, appartenente alla casta
dei samurai, perduto il privilegio sociale ed economico proprio della casta con
l’apertura delle frontiere del suo paese, deve inventarsi un lavoro per
sostentare la famiglia.
Vivendo in Akita, luogo famoso
per la produzione della seta, pensa di dedicare le sue energie all’esportazione
dei prodotti serici e in particolare del “seme bachi”. L’idea nasce dalle
difficoltà verificatesi in molti paesi e in particolare in Francia e Italia a
causa dell’imperversare di un morbo fatale per i bachi da seta, la pebrina.
Nella metà del XIX secolo l’epidemia ha praticamente distrutto la sericoltura
non solo in Europa ma anche in molti paesi orientali.
Il Giappone che ha mantenuto un
volontario isolamento fino alla metà dell’ottocento, non conosce il flagello
della pebrina, di conseguenza Italia e Francia per continuare a far “battere” i
telai e proseguire verso lo sviluppo industriale iniziato tra il XVIII e XIX
secolo sono costrette a fornirsi di seta e seme bachi in Giappone.
Nao e alcuni suoi amici organizzano
una società, Kawajiri-Gumi, per l’esportazione di prodotti serici attraverso il
porto di Yokohama, il più attivo, organizzato e famoso per il commercio
internazionale. La loro attività riscuote un grande successo, tanto che
italiani e francesi si rivolgono direttamente alla Kawajiri-Gumi, per i loro
acquisti.
Dal momento che il commercio con
Italia e Francia è molto attivo e procura lauti guadagni si decide di vendere
direttamente in Europa e viene aperta una sede a Torino.
Alla fine degli anni 70 il
mercato soffre una profonda crisi. Le cause principali possono essere
individuate nella ricerca dello scienziato Pasteur che scopre come combattere la
pebrina e nella invenzione della seta artificiale da parte del chimico, Ilare
de Chardonnet.
Il commercio serico proveniente dal
Giappone subisce un drastico calo. La sede di Torino viene chiusa seguita da
quella di Yokohama. Dopo poco tempo viste le cambiate richieste internazionali,
viene aperta una nuova società per la costruzione di macchine per la trattura e
la lavorazione del filo di seta. Anche questa attività riscuote un grande
successo tanto che al bisnonno di Yuzo viene conferito un riconoscimento
ufficiale, forse equivalente al nostro cavaliere del lavoro.
L’interessante vita di Nao e la
sua fortunata attività commerciale sono raccontate in un volume dal titolo
“Minorikawa Nao Saburo okina sono jiseki” che in poche parole ne riassume il
contenuto.
Il dott. Yuzo era particolarmente
emozionato nel raccontare questa storia perché, come lui stesso ha
sottolineato, si trovava a riferirla all’interno del palazzo di Giovanni
Rucellai il mercante umanista e scrittore,
mecenate di Leon Battista Alberti e della Firenze rinascimentale.
La famiglia Rucellai, come tutte
le grandi famiglie di mercanti e banchieri fiorentini si era arricchita proprio
con il commercio dei tessuti dapprima di lana poi di seta e in particolare con
la tintura con l’oricello un lichene la cui coltivazione pare si trovasse lungo
l’Arno dove ancora oggi Via degli Orti Oricellari ne conserva il ricordo.
Un antenato di Giovanni vissuto
nel XII secolo, il mercante Alamanno, era soprannominato “l'Oricellario" sembra
per aver casualmente scoperto le proprietà
coloranti di alcuni
licheni che si tingevano di rosso orinandoci sopra (per qualcuno il cognome
Rucellai è la corruzione di oricello).
I Rucellai impiegano con successo
questa scoperta sui tessuti nei quali Firenze eccelle e, grazie ad un commercio
ben organizzato, riescono ad accumulare notevoli ricchezze. Nel quattrocento
infatti Giovanni ha risorse economiche tanto grandi da dare incarico a Leon
Battista Alberti di costruire il Palazzo e la loggia prospiciente, il Tempietto
di San Pancrazio e, inoltre, di completare la facciata della chiesa di Santa
Maria Novella nel quartiere di residenza
della famiglia.
La trabeazione che divide la
parte bassa da quella alta della facciata celebra la generosità della illustre
famiglia con una serie di vele gonfiate dal vento simbolo del fortunato commercio
attraverso i traffici marittimi.
La
sala del Palazzo Rucellai si è rivelata un luogo davvero suggestivo per
ricordare l’impresa di Nao Saburo e per rinnovare la volontà di amicizia fra
Italia e Giappone.
Graziella Guidotti