giovedì 17 novembre 2016

PICCOLO FORMATO FIBER-ART ITALIANA a Castellamonte

Un evento inconsueto nel panorama artistico.
Un convegno e una mostra per presentare un’arte di piccole dimensioni in cui fibre, filati, intrecci e colori risultano assemblati dalla creatività e fantasia di trenta artisti che trattano, manipolano e contamino forme e materiali in modo talmente inconsueto da far dimenticare le esperienze che ogni giorno facciamo toccando e guardando gli stessi materiali in forma di tessuti utili a dare conforto e bellezza alla nostra vita quotidiana.
Tutto questo dice la mostra “Piccolo formato Fiber-art italiana” aperta il 5 novembre 2016 nello spazio espositivo Cantiere delle Arti di Castellamonte. L’esposizione presenta opere tessili, o che, con ampia libertà d’intervento, fanno riferimento al tessile, ma tassativamente di dimensioni non superiori a centimetri 20x20x20.


Le obbligate dimensi
oni dei minitessili, delle miniature tessili o del piccolo formato tessile, come si usa definire queste piccole opere, sono dimensioni che risultano estremamente stimolanti per gli artisti tanto che i trenta espositori presenti al Cantiere delle Arti propongono opere con ricerche sperimentali le più disparate. “Sono presenti opere che utilizzano tecniche e materiali che spaziano dalla tradizione all’avanguardia concettuale dove -il filo, la fibra- divengono un’astrazione. I materiali utilizzati dagli artisti sono molteplici: canapa, seta, juta, cotone, carta fatta a mano, feltro, ossidi, metalli, porcellana, vetro, bronzo”.
Più di quaranta mini capolavori per mettere “a confronto le opere del 1991 presentate a Genova alla Galleria Il Punto con quelle attualissime datate 2016. Opere quest’ultime che gli artisti hanno realizzato appositamente per il Cantiere delle Arti”. La mostra racconta venticinque anni di storia che non hanno fatto dimenticare Paulette Peroni, alla quale è dedicata con affetto l’esposizione, l’artista che ideò e seppe organizzare con entusiasmo e amore la prima esposizione del genere in Italia.

L’iniziativa genovese del ‘91 ebbe tale successo che l’Associazione comasca Arte&Arte incominciò a ripeterla a fine settembre di ogni anno con il titolo Miniartextil Como.

Insieme alle opere sperimentali e di avanguardia concettuale, molte anche quelle che nascono dall’elaborazione della tradizione tessile come ad esempio omaggio a Mondrian di Patrizia Casini,  Ciao Itten di Paola Besana, Pensiero materiale di Roberta Ghioni, Percorsi di Graziella Guidotti, Rosa di Juta di Matilde Menicacci.
Tra le opere che si allontanano dal tradizionale intreccio tessile e quindi più sperimentali e di avanguardia concettuale: Tensioni di Sandra Baruzzi, Madre Terra, ritratto amorevole di Vanda Casaril, Amal-Speranza di Luciana Gianello, Omaggio a Scanavino di Paolette Peroni, Licheni in nodo Smirne di Loredana Seregni, Gabbia di Mimmo Totaro, Basta cercare, forse di Roberto Zanello e tante altre tutte ugualmente interessanti con il loro differente linguaggio espressivo.

Cassio Manismi


venerdì 11 novembre 2016

TESSILI NELL'ANTICHITA'

Si è tenuto in Veneto dal 17 al 20 ottobre il “VI Purpureae Vestes International Symposium Textiles and dyes in the mediterranean economy and society, l’incontro durante il quale gli studiosi di tutti i paesi interessati divulgano e mettono a confronto lo stato dell’arte rispetto allo studio dei tessili archeologici e agli aspetti sociali, produttivi, commerciali, economici ad essi connessi nell’area del mediterraneo.
Il simposio organizzato dai docenti delle Università di Padova, Salento, Cambridge e dai funzionari del Polo Museale del Veneto si è svolto in tre sedi: presso l’Università di Padova, presso il Museo archeologico di Este e quello di Altino. É stata così fornita una visione diretta di molti dei ritrovamenti archeologici scoperti nella parte sud occidentale del Veneto. Del resto il programma di questa edizione prevedeva di riservare un’attenzione particolare e un tempo adeguato agli interessanti studi archeologici che in questi ultimi tempi hanno approfondito, con grande attenzione, il settore tessile nella regione.
Per capire la cultura di un popolo è importante focalizzare l’attenzione sui tessili che insieme alla ceramica costituiscono da sempre una voce fondamentale per indagare le abitudini di vita, l’organizzazione sociale e, inoltre, per individuare le conoscenze tecniche necessarie per produrre i manufatti che, nell’antichità come oggi, erano voci importanti per la ricchezza e il prestigio di una comunità.
A differenza  della ceramica che si è conservata in grande quantità e anche in buono stato di conservazione i tessili, molto spesso, sono andati distrutti. Le fibre tessili, infatti, sono costituite da materiale organico facilmente deperibile e si conservano solo in particolari condizioni ambientali. Raramente si trovano, quindi, manufatti completi o tracce abbastanza grandi da permettere di ricostruire o soltanto intuire forma e uso. Più facile trovare qualche frammento fossilizzato, rintracciare le impronte su oggetti di metallo oppure recuperare frammenti molto piccoli di conseguenza non sufficienti per ricostruire processi produttivi, cultura, tradizioni, abitudini di vita, cioè quello che attualmente interessa di più al mondo della ricerca e a tutti noi che, faticosamente, ci aggrappiamo alle nostre radici per trovare fiducia e certezze nel futuro.
In mancanza di testimonianze complete, che rappresentano pur sempre una fortunata eccezione, le relazioni si sono  concentrate sugli strumenti di lavoro e in particolare sui pesi dei telai che essendo di terracotta hanno sfidato il tempo. Anche le fuseruole, essendo di materiale  litico si sono conservate bene e offrono motivo di riflessione per ipotizzare la quantità di filato necessario per successive lavorazioni  con il telaio o con altri strumenti. Un’attenzione particolare è dedicata alle fonti letterarie e alle rappresentazioni pittoriche, spesso su ceramica, fonti inesauribili di informazioni.
Tra gli studi suggestivo quello presentato da Carla Corti dell’Università di Verona, Dipartimento
Culture e Civiltà, che si basa sulle fonti letterarie e epigrafiche per proporre ciò che i dati archeologici fino ad oggi mostrano solo parzialmente. Nella territorio della città di Mùtina, l’attuale Modena, fino al IV secolo d. C. si produceva la migliore qualità di lana. “Non solo la lana di Mutina, varietà dorata, era la più costosa in assoluto e così i capi di abbigliamento con essa realizzati, ma anche ai tessitori e follatori che lavoravano la lana di Mutina spettava un salario più elevato”, a dimostrazione che si trattava della migliore produzione tessile del mondo romano.
Indicazioni in questo senso sono date dal monumento funerario di un addetto al commercio della lana, i pesi fittili da telaio di forma tronco-piramidale decorati a matrice di cui alcuni tarati in unciae e libbrae, e in particolate il bassorilievo con un operaio che pesa una grossa balla su una stadera del tutto simile a quelle usate comunemente in famiglia fino alla metà del XX secolo, inoltre un grosso aequipondium, cioè il peso che serviva a trovare l’equilibrio sull’asta e quindi ad individuare il peso della merce. Negli ultimi tempi si è ritenuto di individuare negli scavi di Villa Scartazza un opificio per la lavorazione della lana.
Un altro studio interessante è stato fatto sempre da Carla Corti insieme a Michela Sanfelici, dell’Università di Verona: si tratta di una proposta che riguarda il possibile uso alternativo degli aghi in osso che si rinvengono nei siti di età romana, spesso con due o tre crune.
L’interpretazione che ne limita l’uso esclusivamente alle operazioni di cucitura non appare conciliabile con la quantità, la diffusione e le caratteristiche tecniche di questi aghi.
“Sono stati presi in considerazione i rinvenimenti archeologici e le fonti iconografiche da una parte, e l’archeologia sperimentale (indagando anche presso i gruppi di rievocazione storica, come Sagitta Barbarica, e di studio odierno della tecnica del nalbound, come attività svolta da Sanna-Mari Pihlajapiha” per ipotizzare se potessero servire “per realizzare capi di abbigliamento con la tecnica oggi conosciuta come nalbinding (particolarmente adatta per realizzare calze per scarpe infradito, come le soleae che si diffondono nel II secolo d.C. anche come scarpa da esterno”.
Una ricerca approfondita e osservazioni che portano un contributo importante per capire che “L’ampia presenza di aghi in osso nei siti romani potrebbe essere spiegata anche dall’uso del nalbinding per realizzare indumenti, sia all’interno della familia, che presso laboratori tessili.
L’aumento dell’uso dei sandali infradito (solea) a partire dal II secolo d.C. può aver contribuito alla diffusione di questa tecnica (mediante la quale si potevano ottenere comode calze di lana con l’alluce separato dalle altre dita), come parrebbe documentare in particolare la presenza degli aghi a tre fori.
La richiesta di questo tipo di indumento potrebbe aver coinvolto appieno il mercato tessile e innescato anche una produzione locale. La possibilità di diversificare la produzione infine rappresenta un’importante opportunità economica per il singolo laboratorio tessile” e per il benessere di tutta la comunità.
Graziella Guidotti

lunedì 7 novembre 2016

FESTA DELL'ALBERO 2016

- 21 novembre, in occasione della Giornata Nazionale degli alberi sarà presentato il libro "Orti botanici, Eccellenze italiane" presso la Biblioteca Botanica "Saletta Giovanna Garzoni" dell'Archivio storico del Frutto e del Fiore, Via Santo Spirito 6 Firenze, ore 18. Una copia del volume sarà data in omaggio ai partecipanti: ingresso libero su prenotazione scrivendo una mail a mclauser@unifi.it;

- martedì 22 novembre ore 17 Biblioteca delle Oblate, sala Balducci, Via dell'Oriuolo 24,  ingresso libero. LE PIANTE DEL NATALE: abete bianco, vischio, pungitopo e altre piante che richiamano il Natale per simbologia, usi e storia. Conferenza di Marta Mariotti, docente di Botanica sistematica presso l'Università di Firenze.


- mercoledì 21 dicembre, ore 16 Biblioteca delle Oblate, sala Balducci, Via dell'Oriuolo 24. IL CENTROTAVOLA NATALIZIO CON LE PIANTE DELL'ORTO BOTANICO. Laboratorio per adulti con Carla Giusti, socia ADIPA. Ingresso libero con prenotazione al numero 055 2616512 (a partire dal 1 dicembre)

venerdì 4 novembre 2016

FOTOGRAFI IN TRINCEA La Grande guerra negli occhi dei Soldati Senesi

Enrico Barbera L'anima di un cannone fotografata 1916
Si è inaugurata a Siena al museo di Santa Maria della Scala la mostra FOTOGRAFI IN TRINCEA aperta dal 29 ottobre 2016 al 15 gennaio 2017 nella quale sono esposte 100 fotografie selezionate tra 22 archivi fotografici privati, per un totale di 2500 scatti e 18 archivi cartacei composti da cartoline e diari.
Nella esposizione viene raccontato un evento drammatico come la Prima guerra mondiale  da un’insolita prospettiva, non quella dei reporter inviati al fronte ma dagli occhi di alcuni fanti senesi che stavano partecipando come protagonisti al conflitto.
Sono stati messi in risalto 36 combattenti di varia estrazione sociale; il boscaiolo, lo studente, il mezzadro, l’artigiano, etc. uniti da una comune passione, la fotografia e la scrittura.
Archivio Alberto Averani, Trasporto di un ferito
Raccontano la quotidianità di essere soldati, di vivere la guerra e la loro macchina fotografica, come afferma Daniele Pittèri, direttore del complesso museale, servirà non solo come testimonianza e documentazione ma anche come ancora di salvezza, l’isola felice in cui rifugiarsi, il mondo fantastico e interiore grazie al quale sopravvivere ai terribili eventi cui sono costretti ad assistere e di cui sono partecipi.
Questa guerra viene riportata  anche nei brani tratti dai diari, dalle cartoline dalle lettere e la suggestione delle parole viene affidata a mezzi diversi, non solo la lettura, ma l’ascolto.
Arch. Silvio Piccolomini,
Ufficiali in un momento di svago,
Dintorni di Montagnana (Pd),

La mostra è arricchita con le opere di un non senese Giulio Aristide Sartorio, anch’egli fante, il quale sulla base di scatti fotografici e rapidi schizzi realizzati al fronte tra 1917 e il 1918 ha creato i quindici dipinti esposti che conservano l’intensità e l’immediatezza dell’immagine fotografica da cui traggono l’origine.
Patrizia Casini


Info e contatti
www.santamariadellascala.com
T. +39 0577 534511
Biglietteria
Tel + 39 0577 534571
La visita alla mostra è compresa nel percorso del Santa Maria della Scala

Fabio Bargagli Petrucci, alpini e artiglieri trainano un’artiglieria, 1918
Giulio Aristide Sartorio, Sacile 31 ottobre 1917, olio su tela