domenica 24 dicembre 2017

CARLO BERTOCCI


La visita
Nella Sala delle adunanze della secolare Accademia delle Arti del Disegno di Firenze, la più antica e  prestigiosa  al mondo (è stata istituita dal duca Cosimo I de’ Medici nel XVI secolo ma affonda le radici nella Compagnia di San Luca che gli artisti fiorentini fondarono nel 1339), è stato presentato il volume Limax Rebus L’enigma della chiocciola, titolo anche di una coinvolgente mostra di Carlo Bertocci che ormai da tempo risulta Accademico della classe di pittura. Carlo Bertocci pittore si trova perciò in compagnia della numerosa schiera di Accademici “illustri artisti e uomini d’ingegno di ogni epoca” che hanno reso famosa nel mondo l’istituzione fiorentina. 

Per la mostra Limax Rebus L’enigma della chiocciola, tuttora visibile a Genova, l’artista, indaga e approfondisce, in 12 tele dipinte ad olio su tela (una su tavola) e 12 disegni a matita su carta, un interessante tema che mette in risalto i contenuti narrativi, allegorici e simbolici di un mollusco a tutti noto, la chiocciola. 
Le opere mostrano inaspettate, affascinanti e “inedite letture, in un gioco di rimandi alla spirale, alla vista tattile, allo specchio, alla conchiglia, alla cupola, al silenzio e alla riflessione e mettono a fuoco non solo l’enigma della chiocciola ma l’enigma che coinvolge la forza e la varietà espressiva della pittura.
Spirali

Il catalogo della mostra illustra tutte le opere e si sviluppa in quattro capitoli significativi: Carlo Bertocci, l’enigma e la pittura silenziosa; In viaggio con la chiocciola; Nel corso del tempo; Opere per un enigma. 
La bibliografia essenziale illustra il percorso culturale e artistico che fino dagli anni ’970 vede il Pittore orientare il suo lavoro in controtendenza “anacronistico atto di ribellione al concettualismo imperante o come diversa strategia dell’arte rispetto alla corrente della Transavanguardia”. 
Una ricerca appassionata che ha condotto Carlo Bertocci, attraverso un impegno costante e un meditato cammino di lenta riflessione, a riscoprire i valori della grande pittura rinascimentale per interpretarla e restituirla con nuovi e attuali contenuti negli accurati capolavori che oggi possiamo ammirare.
Graziella Guidotti
In cornice 


lunedì 11 dicembre 2017

LA PULCE NELL’ORECCHIO

TEATRO POLITEAMA PRATESE

Stagione teatrale 2017/2018

Sabato 16 dicembre, ore 21.00 (Turno A)
Domenica 17 dicembre, ore 16.00 (Turno B)

Prima Nazionale


Walters Produzioni presenta
                    
LA PULCE NELL’ORECCHIO
Commedia Musicale da George Feydeau

con Sandro Querci, Silvia Querci, Fabrizio Checcacci, Andrea Bacci, Elena Talenti, Rosario Campisi, Elena Mancuso, Camilla Gai

adattamento e regia Sandro Querci

organizzazione Barbara Gualtieri

NUOVE ESPOSIZIONI ALLA FONDAZIONE RAGGHIANTI LUCCA

Fondazione Ragghianti 
PROGRAMMA ESPOSITIVO 2018
Fondazione Centro Studi sull’Arte Licia e Carlo Ludovico Ragghianti
Lucca, Complesso monumentale di San Micheletto







IL SEGNO DELL’AVANGUARDIA
I Futuristi e l’incisione
23 febbraio - 15 aprile 2018

Gino Severini, Gravure Futuriste, 1939
Nel novero delle numerosissime esplorazioni del fenomeno futurista, la rassegna Il segno dell’avanguardia. I Futuristi e l’incisione si propone come occasione di studio, mai prima d’ora affrontato, su un aspetto meno noto ma di grande interesse. Per restituire un panorama, il più vasto possibile, che comprenda sia i precedenti storici sia le ultime propaggini dell’attività grafica degli artisti coinvolti, la mostra si svilupperà lungo un ampio arco cronologico che va dalla fine del XIX secolo al recupero delle forme futuriste nelle opere grafiche del dopoguerra.
La mostra sarà scandita in tre sezioni cronologiche: Simbolismo, Prefuturismo e Futurismo. L’indagine sarà allargata, dunque, anche alla produzione grafica di matrice simbolista, crepuscolare o d’intonazione divisionista che precedette il lavoro più propriamente futurista di alcuni artisti come Russolo, Sironi, Boccioni, Carrà, che soltanto successivamente avrebbero aderito alle istanze marinettiane. Completeranno la rassegna opere grafiche di incisori che parteciparono al movimento futurista per una breve stagione o che condivisero con i suoi protagonisti le sale di un’esposizione d’avanguardia, come nel caso di Lorenzo Viani.
Una sezione a parte sarà dedicata alle pubblicazioni illustrate contenenti opere di grafica originale come cataloghi autoprodotti o libri illustrati, evidenziando in questo modo il contributo delle tecniche grafiche “originali” alla vastissima pubblicistica futurista.
Il catalogo della mostra, a cura di Giorgio Marini e Francesco Parisi, conterrà approfondimenti e contributi sull’incisione futurista, oltre a un ricco apparato scientifico comprendente le schede delle opere e le biografie degli artisti.


Ritratto Puccini
GIACOMO PUCCINI E LE ARTI VISIVE
18 maggio - 23 settembre 2018

La mostra indaga il tema del rapporto tra Giacomo Puccini e i pittori del proprio tempo e l’influenza che il compositore e la sua estetica esercitarono sulle arti visive in Italia tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento. Ci sarà un rilevante corpus di dipinti, incisioni, illustrazioni e disegni ispirati a Puccini e ai personaggi delle sue opere: i casi di iconografia pucciniana infatti non mancano; ma non soltanto a ciò si può ridurre il discorso. Un filone importante, per esempio, è quello degli artisti con cui Giacomo Puccini fu in contatto (Luigi De Servi, Arturo Rietti, Plinio Nomellini, Leonetto Cappiello…), o che lavorarono alla sua casa di Torre del Lago, a partire da Galileo Chini.
Un fenomeno a sé stante è costituito dal nucleo di pittori toscani raccolti intorno al Circolo “La Bohème” di Torre del Lago e legati a Puccini sia sotto il profilo biografico, sia per motivi di comune sentire artistico. Sarà inoltre indagato il ruolo decisivo di Gaetano Previati nel determinare un gusto artistico che ebbe in Puccini il proprio equivalente musicale. Ci saranno alcuni dei manifesti delle prime rappresentazioni dei melodrammi di Puccini e opere di artisti da lui amati e collezionati, come Paolo Trubetzkoy; sarà anche presentato un raro dipinto di Chini eseguito nel 1911 a Ceylon, che costituisce un interessantissimo precedente iconografico dei bozzetti per la prima di Turandot al Teatro alla Scala di Milano nel 1926.
L’allestimento si suddividerà tra queste diverse “aree”, esponendo opere rappresentative di artisti vicini alle tematiche pucciniane, alternando pittura, scultura, disegno, illustrazione, cartellonistica, oltre a fotografie e preziosi documenti.


Mostra su SILVIO COPPOLA
Metà ottobre - fine novembre 2018

La mostra, pensata per gli spazi espositivi del mezzanino della Fondazione Ragghianti, è dedicata a Silvio Coppola, uno dei protagonisti del design italiano dagli anni Sessanta fino alla morte nel 1985, attivo anche come artista originale, di cui la Fondazione Ragghianti conserva dieci opere significative, che testimoniano le sue ricerche visive nell’ambito astrattista e nell’utilizzo di materiali non convenzionali, come strisce di plastica trasparente. In effetti Coppola fu in contatto con Pier Carlo Santini, e a lui si deve l’ideazione del logo della Fondazione Ragghianti, tuttora utilizzato. La Fondazione conserva, peraltro, parte della sua biblioteca e del suo archivio, con schizzi di progetti grafici realizzati per grandi ditte e case editrici.
Si tratta, insomma, di un’iniziativa espositiva e di ricerca che intende avviare in prospettiva storica la valorizzazione di una figura legata alla storia della Fondazione Ragghianti, ma in grado di ampliare lo sguardo alle molteplici implicazioni di un personaggio, quale fu Silvio Coppola, che lavorò nell’ambito del design d’interni, dell’industrial design e della comunicazione visiva nelle vesti di consulente e collaboratore per grandi imprese italiane ed estere, da Bayer ad Alessi, da Cinzano a Cassina.
La mostra prevede l’esposizione delle opere di Coppola conservate nei depositi della Fondazione Ragghianti, restaurate per l’occasione, e di opere provenienti da collezioni private, nonché di progetti grafici, libri e documenti.


Mostra dedicata alla stamperia LITOGRAFIA ANGELI di Lucca
metà di dicembre 2018 - fine di gennaio 2019

La stamperia d’arte Litografia Angeli nasce a Lucca alla fine degli anni Sessanta del Novecento, quando Giuliano Angeli inizia a lavorare con i pittori, lucchesi e non, che si avvicinano alla tecnica del disegno su pietra, vista la necessità di rispondere alle richieste di una sempre più ampia platea di appassionati.
Il ricorso alla litografia, rivitalizzata nei manifesti illustrati di fine Ottocento da artisti come Toulouse-Lautrec, si diffuse a Lucca grazie alla disponibilità di Giuliano Angeli, grande appassionato di questo tipo di stampa, nella quale raggiunse un grado di esecuzione virtuosistica.
La Litografia Angeli in realtà era nata prima, nel 1948 in via della Zecca, fondata dal padre Giulio Angeli, che, dopo una piccola vincita alla Sisal, aveva comprato un torchio litografico e cominciato a produrre stampati ed etichette per varie aziende.

La mostra, allestita nel mezzanino della Fondazione Ragghianti, esporrà le litografie più significative e tecnicamente più complesse stampate dalla Litografia Angeli (che ha chiuso l’attività nel 2011), di autori come Tommasi Ferroni, Morlotti, Sebastian Matta, Primo Conti, Uberto Bonetti, Vespignani, Maccari, Possenti, Santini, Bartolini, Treccani, Varetti, Carroll, Luporini, Liberatore, Meschi, Biagi, Pasega, Romani.

sabato 9 dicembre 2017

L’ARTE DELL’IKEBANA AGLI UFFIZI

Si è concluso il ciclo di conferenze organizzate in contemporanea con la mostra IL RINASCIMENTO GIAPPONESE La natura nei dipinti su paravento dal XV al XVII secolo presso la Galleria degli Uffizi in collaborazione con l’Ambasciata del Giappone. 

L’ultima conferenza, il 25 novembre, ha visto Minoru Watada, l’esperto dell’Agenzia degli Affari culturali del Giappone, sottolineare nuovamente l’organizzazione della mostra in corso che è regolata secondo una rotazione suddivisa in tre fasi: la terza e ultima è cominciata dal 3 dicembre. La cultura della rotazione prevede esposizioni di breve durata per evitare il deterioramento delle opere, in questo caso dei paraventi, che sono molto antichi e di conseguenza delicati e fragili.

Dopo l’intervento di Minoru Watada il numeroso pubblico presente in sala è stato incantato dalla dimostrazione dell’arte dell’Ikebana Sogetsu fatta dal maestro Luca Ramaciotti e dalla sua allieva Silvia Barucci.

L’ikebana è un’arte molto antica e concerne la composizione secondo determinati canoni che portano all'armonia i fiori recisi. Era riservata un tempo a pochi eletti e veniva utilizzata in occasione di manifestazioni religiose e in luoghi allo scopo idonei e riservati. Un completo cambiamento si verifica nel 1927 quando Sofu Teshigahara fonda la Scuola Sogetsu che valorizza l’ikebana come arte creativa accessibile  a tutti: il suo motto “Tutti possono fare Ikebana Sogetsu, in qualsiasi luogo e con qualsiasi materiale”.

Inizialmente l’ikebana veniva posto nel tokonoma una nicchia ricavata nel washitsu la stanza tradizionale giapponese mentre attualmente, invece, serve ad abbellire e rendere più piacevole e raffinato qualsiasi ambiente (dalla casa ai grandi spazi espositivi ad hall di alberghi etc) e per qualsiasi occasione.

Esiste una profonda comunione tra i giapponesi e la natura in qualsiasi forma essa si presenti lo vediamo anche nei paraventi esposti che mostrano una incredibile ricchezza di fiori, piante selvatiche e alberi.
Gli antichi giapponesi ritenevano che gli alberi ed i fiori avessero un loro linguaggio. Vi era una comunicazione tra l'uomo e la natura e questa comunicazione la ritroviamo nelle mani esperte del maestro Ramaciotti che davanti a noi prepara rami, anche piuttosto spogli, e fiori da posizionare nei vasi. Piante rigorosamente di stagione per essere in armonia con la natura.
Come dice il maestro “La bellezza di un ramo o di una foglia secca che si vanno ad integrare nella nostra composizione donano sia un senso di stagionalità che di impermanenza della vita”.

Durante la dimostrazione ogni singolo elemento viene collocato nella giusta posizione secondo un equilibrio tra movimento, linea e colore. Con maestria vengono scelti alcuni rami anche con poche foglie che una volta modellati variandone la forma, anche in modo impercettibile ma sufficiente ad ottenere la giusta sagoma, sembra si collochino in modo naturale nel contesto della composizione. Il fiore basso bilancia il ramo alto, il movimento contorto fa da contrappeso all'elemento diritto; tutto con armonia ed equilibrio perfetto, ma non banalmente simmetrico.

Nell'arte dell’ikebana anche i vasi hanno la loro importanza. Per la manifestazione sono stati scelti vasi originali di lacca giapponese ma gli ikebanisti spesso progettano e realizzano di persona i loro vasi.

L’effimera durata dell’ikebana ricorda la fragilità dei paraventi, molto antichi e quindi anche molto fragili.
Sono ambedue opere d’arte delicate che non possono adattarsi alle esigenze dei visitatori, sono i visitatori devono adattarsi a loro.

Patrizia Casini





IL PRINCIPE DEI GRANDUCHI

In occasione della mostra "Il Cinquecento a Firenze, 'maniera moderna' e controriforma tra Michelangelo, Pontormo e Giambologna", la Fondazione Palazzo Strozzi e The Medici Archive Project organizzano IL PRINCIPE DEI GRANDUCHI, convegno di studi su Francesco I de’ Medici. Da un’idea di Marco Ferri, l’evento speciale si terrà venerdì 15 dicembre, dalle 15 alle 19 nell’Altana di Palazzo Strozzi, a Firenze.
L'ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

Fonte: Ufficio Media Marco Ferri

mercoledì 6 dicembre 2017

Il prossimo 12 gennaio 2018, alle ore 12 sul Ponte Vecchio di Firenze (sotto le volte di Vasari che sorreggono il Corridoio Vasariano, si terrà la presentazione del libro STORIE E LEGGENDE DEL PONTE VECCHIO di Marco Ferri (Angelo Pontecorboli Editore, 2017).
Oltre l'Autore, saranno presenti il Sindaco di Firenze, Dario Nardella (che
ha firmato la prefazione nel libro) e Tommaso Galligani dell'Ansa Toscana.
Ingresso libero
Fonte: Ufficio Media Marco Ferri

lunedì 27 novembre 2017

LA TROTTOLA E IL ROBOT Tra Balla Casorati e Capogrossi


Al PALP Palazzo Pretorio di Pontedera fino al 22 aprile 2018 è possibile ammirare una mostra inconsueta e ricca di risvolti divertenti e distensivi ma che mettono in luce anche le grandi trasformazioni storiche e sociali verificatesi tra la fine del XIX secolo e la seconda metà del XX, periodo nel quale è mutato l’assetto geopolitico del mondo occidentale provocando radicali cambiamenti nella vita quotidiana delle famiglie italiane.

Il suo titolo La trottola e il robot Tra Balla Casorati e Capogrossi, ne fa intuire il contenuto: risultano esposte un rappresentativo numero di opere selezionate dalla importante collezione di giocattoli d’epoca del Comune di Roma e, vicino ad esse, le contemporanee opere d’arte di pittura e scultura di grandi artisti italiani. In tutte le opere d’arte è presente il mondo del gioco infantile declinato nei suoi molteplici aspetti di svago, formativi, educativi. Quindi due espressioni della creatività legate all'infanzia: quella che si manifesta con oggetti concreti ideati un tempo dagli artigiani e oggi prodotti dall'industria e quella che rappresenta e interpreta il gioco infantile nelle arti figurative e plastiche.

Due universi separati che a Pontedera hanno trovato il modo di rispecchiarsi l’uno nell'altro per far rifiorire nei non più giovani lontani ricordi e dimenticate emozioni, nei più giovani la storia delle trasformazioni e della lunga evoluzione vissuta dai giocattoli per arrivare a quelli tecnologici attuali. L’avvincente racconto di figure ed oggetti che si snoda nelle sale espositive di Palazzo Pretorio, offre dunque “da differenti, dialettici e integrati punti di vista un osservatorio inedito e suggestivo sui mutamenti della società italiana nel corso dei decenni, sulle variazione dei modelli pedagogici, di vita e di pensiero e sul rapporto spesso controverso tra il mondo degli adulti e quello -assai più misterioso- dei bambini”.

Le 110 opere degli artisti che si sono interessati al tema dell’infanzia sono state ordinate secondo temi chiave supportati dall’abbinamento e dalla vicinanza, nella stessa sala, di numerosi e corrispettivi giocattoli.
Si inizia con la rappresentazione dei giochi all’interno della Casa, cioè nell’intimo e sicuro spazio conosciuto, per passare poi al tema dell’Educazione, del Gioco all’esterno, del Teatro e del Circo, dei Giochi senza età e, infine, alla sala degli Automi che presenta i primi ingenui elementi a molla fino ai più sofisticati giochi attuali: rimandano, come fa notare il sindaco Simone Millozzi, “alle attività di ricerca condotte dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna partner di eccellenza dell’esposizione. Le riflessioni scaturite dall’osservazione dei  primi esempi di giocattoli a molla fino ai più sofisticati robot consentono di ritenere l’innovazione applicata alla cultura un grande serbatoio che unisce saperi, principi, ricerca e creatività”.
Stimolante il catalogo (Bandecchi & Vivaldi) con testi dei curatori della mostra, Daniela Fonti e Filippo Bacci di Capaci e di studiosi specialisti nei singoli settori, da quello artistico a quello pedagogico e psicologico, che mettono in luce l’utilità del gioco nell’infanzia, ma non solo. E, a questo proposito, mi viene in mente il nome di un negozio di giocattoli di Firenze che non è soltanto un nome ma anche un invito scritto a grandi lettere sul vetro della porta d’ingresso e rivolto a tutti, grandi e piccini, “Fate più balocchi”.
Foto di Azzurra Salerno

Graziella Guidotti

venerdì 10 novembre 2017

LA SETTIMA ARTE AGLI UFFIZI - EJZENŠTEJN


Ciclo StigmatizzazioneStigmate, San Francesco,
1932 m
atita nera e matita rossa su carta
Splendida mostra alla Galleria degli Uffizi che con EJZENŠTEJN LA RIVOLUZIONE DELLE IMMAGINI ricordano i cento anni dalla rivoluzione socialista russa.

Ejzenštejn nato a Riga nel 1898 e morto a Mosca nel 1948 è considerato tra i più innovativi artisti nella storia del cinema sia nell’ambito del montaggio che nella struttura compositiva delle immagini.
Amante dell’arte rinascimentale e dei tre grandi artisti del Rinascimento: Raffaello, Michelangelo e Leonardo è riuscito a creare una straordinaria relazione tra le arti e il cinematografo inserendo nei suoi film tutta una serie di citazioni grafico-pittoriche.
Ciclo Les Parques, 1947, matita su carta
L’artista è stato per il mondo delle immagini quello che è stata la rivoluzione del 1917 per gli assetti sociali, politici ed economici della Russia inoltre con la capacità di durare nel tempo ed ispirare una generazione di artisti.
Soprannominato il Leonardo da Vinci del cinema per la stessa versatilità, la curiosità di sperimentare e la capacità d’inventiva che lo accomuna con il grande genio del Rinascimento, si muove in un territorio poliedrico di regista, montatore, scenografo, scrittore, disegnatore e pedagogo.

L’esposizione presenta i molteplici aspetti del talento di Ejzenštejn con un percorso che alterna l’attività di disegnatore a quella di cineasta.
I suggestivi disegni realizzati con la sola linea grafica che lui definiva “danzata” sono quasi tutti compresi tra i primi anni Trenta e il 1948 e sono considerati dallo stesso regista la “rappresentazione grafica di un’idea”. Il disegno deve avere la capacità di rendere le “idee intuibili facendo sì che le idee astratte siano anche plasticamente immaginabili”.

Per lui il disegno era già il montaggio del cinema.
Anche il materiale cinematografico di Ejzenštejn in mostra è stato predisposto per suggerire un rimando all’arte del passato e alle idee sul montaggio. Le proiezioni mescolano dettagli e scene dei film, Sciopero, La corazzata Potëmkin, Aleksandr Nevskij, ad alcuni particolari tratti dall’Adorazione dei Magi e l’Ultima cena di Leonardo e dalla battaglia di San Romano di Paolo Uccello.

Questa mostra introduce per la prima volta agli Uffizi la settima arte, così chiamato il cinema di Ejzenštejn, e il Rinascimento oltre ad essere una fucina di immagini diventa il punto di riferimento e la rifioritura culturale a cui ogni rivoluzione dovrebbe tendere.

La cineteca di Bologna nell’ambito del progetto IL CINEMA RITROVATO porta nelle sale dal 6 novembre il capolavoro di Sergej Ejzenštejn del 1925 La corazzata Potëmkin in versione integrale e restaurata.
Patrizia Casini,

EJZENŠTEJN LA RIVOLUZIONE DELLE IMMAGINI
Sede: Sale di Levante Galleria delle statue e delle Pitture degli Uffizi
Periodo: dal 7 novembre al 7 gennaio 2018
Orari: da martedì a domenica 8,15 - 18,50; lunedì chiuso



giovedì 9 novembre 2017

DA BROOKLYN AL BARGELLO Giovanni della Robbia, la lunetta Antinori e Stefano Arienti.


È tornata a Firenze, anche se per breve tempo, la lunetta di Giovanni della Robbia.
Il Museo Nazionale del Bargello ospiterà dal 10 novembre al 8 aprile 2018 la mostra Da Brooklyn al Bargello Giovanni della Robbia, la lunetta Antinori e Stefano Arienti.

La lunetta, commissionata da Niccolò Tommaso Antinori intorno al 1520, a Giovanni della Robbia e sistemata nella Villa delle Rose a quel tempo proprietà della famiglia Antinori, rappresenta “il Cristo risorto, con il committente Antinori in ginocchio alla sua destra e i soldati attorno al sepolcro, secondo l’iconografia tradizionale: il tutto su un articolato sfondo di paesaggio e all’interno di una fastosa cornice di frutti e fiori popolata da piccoli animali”.

Giovanni della Robbia, il più prolifico e autonomo tra i cinque figli di Andrea si distingue per un uso frequente e intensivo della policromia, un’esuberante vena decorativa e un’anatomia dei corpi con una maggiore pienezza plastica rispetto alla tradizione robbiana.
L’opera manca dall’Italia dal 1898 quando Aaron Augustus Healy, importante uomo d’affari, ma anche esperto collezionista e generoso mecenate acquistò la lunetta per donarla al Brooklyn Museum.
Grazie all’aiuto di Marchesi Antinori Spa che, nel 2015 ha finanziato il restauro realizzato nei laboratori del Brooklyn Museum in previsione della mostra al Museum of Fine Arts di Boston, la lunetta è potuta tornare a Firenze.
È stata accompagnata idealmente a Firenze dalla presenza del Ritratto di Aaron Augustus Healy dipinto da John Singer Sargent nel 1907, altro capolavoro concesso in prestito dallo stesso museo americano.


“In parallelo, la seconda sala ospiterà un’opera di Stefano Arienti, artista italiano tra i più apprezzati in ambito internazionale, dal titolo Scena fissa, con cui la scultura robbiana viene riletta e reinterpretata, dando vita ad un inaspettato dialogo tra arte rinascimentale e contemporanea”.
Patrizia Casini

Museo Nazionale del Bargello
10 novembre 2017 – 8 aprile 2018

mercoledì 25 ottobre 2017

AMBROGIO LORENZETTI un artista innovativo del suo tempo

Si è inaugurata a Siena la bellissima mostra su Ambrogio Lorenzetti, pittore attivo nella prima metà del Trecento e allievo di Duccio di Buoninsegna.
L’idea della mostra nasce nel 2015 con un progetto chiamato Dentro al Restauro il quale porta all’analisi e all’approfondimento di Ambrogio Lorenzetti. L’operazione comporta il trasferimento di alcune opere, che necessitavano di restauro, nel complesso di Santa Maria della Scala: il ciclo di affreschi staccati dalla cappella di San Galgano a Montesiepi e il Polittico della chiesa di San Pietro in Castelvecchio a Siena.
A questi due cantieri si sono affiancati altri due restauri, il primo nella chiesa di San Francesco, volto al recupero della sala capitolare dei frati e l’altro nella chiesa di Sant’Agostino dove Lorenzetti affrescò il ciclo di storie di Santa Caterina e gli articoli del Credo.
Gli interventi sono stati allestiti in un cantiere di restauro “aperto” cioè fruibile dalla cittadinanza e dai turisti in modo da permettere, oltre ad una maggiore conoscenza da parte degli studiosi, una familiarizzazione da parte del pubblico.

Ambrogio Lorenzetti è stato uno tra i maggiori e più importanti artisti dell’Europa tardo-medievale e fu famoso anche presso gli scrittori d’arte (Commentarii del grande scultore rinascimentale Lorenzo Ghiberti) ma poco conosciuto ai giorni nostri.
Questo perché gli studi si sono sempre concentrati sui magnifici affreschi realizzati dal pittore per il Palazzo Pubblico: le allegorie e gli effetti del Buono e del Cattivo governo offuscandone un po’ il resto dell’attività.
Lorenzetti, uomo di grande cultura attivo nella vita politica della sua città, realizza quelli che sono tra le prime pitture senza temi autocelebrativi dei committenti; si tratta di veri e propri manifesti  dell’etica politica delle città-Stato nell’età tardo comunale.
Purtroppo “la densità concettuale di quest’insieme di dipinti murali” ha messo finora in secondo piano il resto della sua produzione pittorica.

La mostra vuole mettere in evidenza il resto della produzione artistica e lo straordinario linguaggio stilistico dell’artista, sottolineando il valore intellettuale e innovativo della sua opera.
Il percorso si apre con una prima sezione dedicata ai grandi maestri che operano nella Siena del 1300; Duccio di Buoninsegna, Simone Martini, Pietro Lorenzetti (il fratello di Ambrogio).
Seguono varie opere di Ambrogio tra cui la Madonna di Vico l’Abate, la Madonna col bambino, La croce dipinta di Montenero d’Orcia e molte altre opere oltre agli affreschi delle varie chiese staccati e restaurati.

In mostra tornano quindi a vivere idealmente il chiostro della chiesa francescana e anche se oggi degli affreschi ne rimane una parte assai piccola la fortuna vuole che “il maggiore frammento superstite appartenga proprio alla scena più celebre del ciclo, e rappresenti quel miracoloso fortunale scatenatosi in seguito alla morte dei francescani” che contiene la prima rappresentazione di una tempesta nella storia della pittura occidentale.
Purtroppo la parte inferiore dove Lorenzetti decise di rappresentare, allontanandosi dalle fonti agiografiche, la reazione terrorizzata della folla a seguito del fortunale è andata perduta. Questa scena, così particolare e fuori dagli schemi, suscitò l’entusiasmo del Ghiberti “uenghossi gli uomini et le donne arrouesciarsi e panni in capo”.
Rimane la parte superiore dove si vede la città battuta dalla pioggia e dai grossi chicchi di grandine dove sempre il Ghiberti descrive come “la grandine folta in su e’ palvesi”.

Di grande suggestione gli affreschi della cappella di San Galgano a Montesiepi dove nella lunetta nord-est la raffigurazione di Maria Regina è realizzata secondo lo schema della Maestà della tradizione senese arricchendo però la composizione con la figura di Eva ai piedi dello scranno della Madonna.
Eva indossa la pelliccia di capra, simbolo della lussuria e tiene in mano il ramo di fico, simbolo del peccato e della sua conversione. La conseguenza immediata della trasgressione di Adamo ed Eva è la vergogna causata dalla consapevolezza della loro nudità e la loro reazione è coprirsi con la foglia di fico, infatti fulcro del dipinto è il tema della redenzione.

A corredo della mostra un ricco catalogo rappresenta finalmente la prima completa e ricca monografia dell’artista.
Patrizia Casini