mercoledì 4 gennaio 2017

ITALIA E GIAPPONE A CONFRONTO: cultura, psicologia, arti

A Firenze vive una numerosa, affiatata e attiva comunità giapponese. La città è molto apprezzata per la sua storia, le numerose opere d’arte, l’attività culturale e sono tanti i nipponici che arrivano per soggiorni più o meno lunghi oppure per viverci stabilmente.
L’Università pubblica con l’offerta dello studio della lingua giapponese e l’associazione culturale Tokaghe che durate l’anno organizza corsi di lingua per i privati interessati, facilitano scambi diretti fra i cittadini. Inoltre fungono da luogo d’incontro e da coagulo tante altre associazioni tra cui l’Associazione culturale Iroha collegata con la libreria “Italia Shobo-casa dei libri giapponesi” nella quale Nina Minorikawa, titolare e direttrice, trova il tempo per essere disponibile con tutti.
Tante le iniziative giapponesi che si rincorrono lungo l’anno e che riguardano abbigliamento, tessuti, cucina, dolci; la più recente si è tenuta a Palazzo Rucellai nel novembre 2016, in occasione della ricorrenza dei centocinquanta anni di amicizia fra Italia e Giappone.
Si è trattato di un Convegno internazionale promosso da ISI Florence e dall’Università di Kanazawa con il titolo “Italia e Giappone a confronto: cultura, psicologia, arti.
Coinvolgenti i temi trattati. Molti hanno approfondito argomenti interessanti e utili anche per artisti, creativi, artigiani, insomma per tutti coloro che svolgono attività che includono la percezione visiva. Ecco alcuni titoli: Mente e cultura, studi cross-culturali sui processi cognitivi; L’esperienza estetica, il ruolo delle variabili culturali e neurobiologiche; Carlo Scarpa e l’architettura giapponese; Arte giapponese e Liberty italiano; La letteratura come strumento di potere alla corte Heian e alla corte federiciana, ecc..
Ma fra i tanti studi presentati, ci piace riferire quanto raccontato dal giornalista giapponese dott. Yuzo Minorikawa vicepresidente dell’Associazione Giapponese in Toscana, che vive ormai stabilmente in Italia con la famiglia da più di 10 anni.
Durante la presentazione del Convegno ha raccontato che il suo bisnonno Nao Saburo, appartenente alla casta dei samurai, perduto il privilegio sociale ed economico proprio della casta con l’apertura delle frontiere del suo paese, deve inventarsi un lavoro per sostentare la famiglia.
Vivendo in Akita, luogo famoso per la produzione della seta, pensa di dedicare le sue energie all’esportazione dei prodotti serici e in particolare del “seme bachi”. L’idea nasce dalle difficoltà verificatesi in molti paesi e in particolare in Francia e Italia a causa dell’imperversare di un morbo fatale per i bachi da seta, la pebrina. Nella metà del XIX secolo l’epidemia ha praticamente distrutto la sericoltura non solo in Europa ma anche in molti paesi orientali.
Il Giappone che ha mantenuto un volontario isolamento fino alla metà dell’ottocento, non conosce il flagello della pebrina, di conseguenza Italia e Francia per continuare a far “battere” i telai e proseguire verso lo sviluppo industriale iniziato tra il XVIII e XIX secolo sono costrette a fornirsi di seta e seme bachi in Giappone.
Nao e alcuni suoi amici organizzano una società, Kawajiri-Gumi, per l’esportazione di prodotti serici attraverso il porto di Yokohama, il più attivo, organizzato e famoso per il commercio internazionale. La loro attività riscuote un grande successo, tanto che italiani e francesi si rivolgono direttamente alla Kawajiri-Gumi, per i loro acquisti.
Dal momento che il commercio con Italia e Francia è molto attivo e procura lauti guadagni si decide di vendere direttamente in Europa e viene aperta una sede a Torino.
Alla fine degli anni 70 il mercato soffre una profonda crisi. Le cause principali possono essere individuate nella ricerca dello scienziato Pasteur che scopre come combattere la pebrina e nella invenzione della seta artificiale da parte del chimico, Ilare de Chardonnet.
Il commercio serico proveniente dal Giappone subisce un drastico calo. La sede di Torino viene chiusa seguita da quella di Yokohama. Dopo poco tempo viste le cambiate richieste internazionali, viene aperta una nuova società per la costruzione di macchine per la trattura e la lavorazione del filo di seta. Anche questa attività riscuote un grande successo tanto che al bisnonno di Yuzo viene conferito un riconoscimento ufficiale, forse equivalente al nostro cavaliere del lavoro.
L’interessante vita di Nao e la sua fortunata attività commerciale sono raccontate in un volume dal titolo “Minorikawa Nao Saburo okina sono jiseki” che in poche parole ne riassume il contenuto.
Il dott. Yuzo era particolarmente emozionato nel raccontare questa storia perché, come lui stesso ha sottolineato, si trovava a riferirla all’interno del palazzo di Giovanni Rucellai il mercante umanista e scrittore, mecenate di Leon Battista Alberti e della Firenze rinascimentale.
La famiglia Rucellai, come tutte le grandi famiglie di mercanti e banchieri fiorentini si era arricchita proprio con il commercio dei tessuti dapprima di lana poi di seta e in particolare con la tintura con l’oricello un lichene la cui coltivazione pare si trovasse lungo l’Arno dove ancora oggi Via degli Orti Oricellari ne conserva il ricordo.
Un antenato di Giovanni vissuto nel XII secolo, il mercante Alamanno, era soprannominato “l'Oricellario" sembra per aver casualmente scoperto le proprietà colorantdi alcuni licheni che si tingevano di rosso orinandoci sopra (per qualcuno il cognome Rucellai è la corruzione di oricello).
I Rucellai impiegano con successo questa scoperta sui tessuti nei quali Firenze eccelle e, grazie ad un commercio ben organizzato, riescono ad accumulare notevoli ricchezze. Nel quattrocento infatti Giovanni ha risorse economiche tanto grandi da dare incarico a Leon Battista Alberti di costruire il Palazzo e la loggia prospiciente, il Tempietto di San Pancrazio e, inoltre, di completare la facciata della chiesa di Santa Maria Novella nel quartiere di  residenza della famiglia.
La trabeazione che divide la parte bassa da quella alta della facciata celebra la generosità della illustre famiglia con una serie di vele gonfiate dal vento simbolo del fortunato commercio attraverso i traffici marittimi.
La sala del Palazzo Rucellai si è rivelata un luogo davvero suggestivo per ricordare l’impresa di Nao Saburo e per rinnovare la volontà di amicizia fra Italia e Giappone.
Graziella Guidotti

Nessun commento:

Posta un commento