È stato donato alle Gallerie degli Uffizi l’autoritratto di
Antonio Manzi, artista autodidatta, nato a Montella, in provincia di Avellino
nel 1953 ma fiorentino di adozione dal ’57. Si allarga così la prestigiosa
collezione iniziata dal cardinal Leopoldo de’ Medici, che mise insieme 80
autoritratti di celebri pittori. Da allora la raccolta degli Uffizi è diventata
la più grande al mondo, e oggi le opere sono oltre 1500. Naturalmente molte di
esse – non solo dipinti, ma anche sculture e carte - sostano nei depositi per
l’impossibilità di esporli tutti. Nel 1973 il soprintendente Luciano Berti ne
fece esporre 715 (dei 1040 che si contavano a quella data) nel Corridoio
Vasariano, e dall’inverno prossimo una ricca selezione della prestigiosa raccolta
sarà aperta al pubblico al primo piano degli Uffizi.
Si contano sette occhi nell’autoritratto di Antonio Manzi,
opera certamente fuori dagli schemi se ci si aspetta una somiglianza somatica o
un suo riflesso: e tuttavia in essa “ritorna – come ha scritto Lorena Gava nel
luglio del 2016 – l’incorreggibile, portentosa vis comunicativa del tratto, del
ritmo in una pirotecnica, vorticistica e magnetica esaltazione cromatica”.
Se
un autoritratto è il genere nel quale comunque, sia esso realistico oppure no,
meglio si intrecciano i fili complessi dei dolori e delle gioie, delle
privazioni e degli eccessi, questo di Antonio Manzi diventa metafora della sua
personalità e mette in chiaro, senza filtri né pudori, i tratti ruvidi e
dolorosi della sua travagliata esistenza..
Nel 2007, all’interno del complesso di Villa Rucellai, a
Campi Bisenzio (FI), gli è stato dedicato il Museo Antonio Manzi che contiene
130 opere del Maestro realizzate con diverse tecniche e vari materiali.
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