lunedì 10 ottobre 2016

IL FASCINO DEI COLORANTI NELLA STORIA E NELL’ARCHEOLOGIA

L'arte della seta in Firenze. Trattato del XV sec.
Si è concluso a Pisa il convegno internazionale Dyes in History and Archaeology  (DHA)n. 35 che, per la prima volta dopo trentaquattro edizioni,  si è tenuto in Italia dal 5 all’8 ottobre 2016 al centro Polo Piagge, di Pisa uno dei più recenti campi universitari. Al convegno, organizzato dal gruppo di lavoro di scienze chimiche per la salvaguardia del patrimonio culturale del dipartimento di Chimica e Chimica Industriale  dell’Università di Pisa, hanno partecipato studiosi di tutto il mondo.

Sotto il nome “DHA”  viene organizzato, tutti gli anni in un paese europeo diverso, un convegno in cui si affrontano temi che riguardano storia, produzione, applicazione, caratterizzazione e analisi, proprietà e identificazione dei  coloranti e pigmenti organici.
Questo aspetto multitasking ha attratto curatori di istituzioni pubbliche, scienziati, storici dell’arte, conservatori/restauratori  provenienti  da musei, università, centri di ricerca e soggetti privati come artisti, artigiani privati e studiosi indipendenti. Sono state registrate presenze dall’Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Svizzera e da paesi extraeuropei come Azerbaijan, Canada, Giappone, Corea del Sud, Israele, Messico, Nigeria, Perù, Stati Uniti  e Turchia.

Murice
Tessuto copto III - VII sec. d. C.
Si sono tenute 26 conferenze e sono stati presentati 34 poster che hanno preso in esame i tessuti archeologici in cui è stata identificata la porpora (ma anche i coloranti utilizzati per falsificare questo prodotto notoriamente costosissimo), i coloranti rossi del rinascimento sia vegetali come robbia e legno brasile sia animali come il kermes e le varie cocciniglie.
L’esame si è allargato ai coloranti organici sintetici ed ha approfondito alcuni metodi scientifici per rendere sempre meno invasivo e distruttivo il prelievo per la ricerca e caratterizzazione del colorante. Inoltre il convegno ha analizzato la produzione delle lacche nel medioevo e nel rinascimento, i coloranti blu come il guado e l’indaco ed ha presentato una nuova tecnologia per la tintura del “rosso turco”.
Ricerca di tinture con guado
Riguardo al guado, colorante blu estratto dall’Isatis tinctoria, pianta coltivata in Italia e nel nord Europa sin dall’antichità, è interessante il poster  di P. Hopewell e S. Harris (Gran Bretagna) intitolato “Accessible or esclusive? Blue textiles in the Mediterranean 1000-500 BC” che ha trattato la
produzione del guado in epoca etrusca con esperimenti condotti con foglie fresche e prodotto essiccato. I risultati hanno messo in evidenza che occorrono circa 1000 piante per tingere 1 Kg di lana; ma la metodologia di tintura impiegata, le proprietà del suolo di coltivazione, le condizioni atmosferiche e tante altre variabili, possono influenzare in modo rilevante le proprietà  tingenti dei coloranti naturali.
Un altro poster intitolato “If your vat turns to death refresh it with mercury and saffron… the problem was always the yellow!” presentato da G. Stark (Germania), tratta di una ricetta per la tintura del lino con l’indaco trovata in un manoscritto del XVII secolo recentemente scoperto in Germania nell’archivio di una facoltosa famiglia che sosteneva l’alchimia a Kassel. Questo colorante al tino era appena arrivato dall’India attraverso le nuove rotte commerciali che raggiungevano l’Europa del nord e in un’epoca in cui la chimica non era ancora una scienza e gli alchimisti non avevano una conoscenza esatta del processo di riduzione necessario per la tintura dell’indaco, l’uso del mercurio sembrò essere la “bacchetta magica” per la soluzione di tutti i problemi.
Il poster di E. Torgan “Antifungal activity and HPLC analyses of silk fabrics dyed with madder and gallnut” descrive, invece, le proprietà antifungine della robbia e delle noci di galla. I coloranti naturali hanno notevoli proprietà antifungine e antibatteriche dovute alla presenza di grandi quantità di composti come antrachinoni, flavonoidi, tannini, ecc.
Uno studio interessante ancora in fase di approfondimento: si spera possa suggerire informazioni utili all’industria  attuale e a quella del futuro.
Paola Cesari

coloranti al tino:  sono insolubili in acqua nella loro forma originale e colorata. A seguito di un processo di riduzione in ambiente alcalino si trasformano nel loro leuco derivato che è solubile e capace di fissarsi sulle fibre. In seguito all’esposizione all’aria, il colorante isomerizza nella forma insolubile e precipita sulla fibra. A questa classe appartengono guado, indaco e porpora di Tiro.

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